Cronaca
7 Dicembre 2023
Conferiti gli incarichi ai periti Renato Ariatti e Marco Samory, rispettivamente psichiatra e psicologo nominati dal tribunale di Ferrara. Per il deposito della relazione avranno 90 giorni di tempo

Accusata di aver soffocato il figlio di un anno. Via alla perizia psichiatrica

di Davide Soattin | 3 min

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Sono stati conferiti ieri (mercoledì 6 dicembre) gli incarichi allo psichiatra Renato Ariatti e allo psicologo Marco Samory, periti nominati dal tribunale di Ferrara per valutare l’imputabilità, la pericolosità sociale e la capacità di stare a giudizio di A.G., la 31enne ferrarese oggi accusata di omicidio volontario aggravato dopo che, nella notte del 17 giugno 2021, avrebbe soffocato il figlioletto di appena un anno mentre dormiva nel letto insieme a lei, nella loro casa di via degli Ostaggi.

Gli esperti avranno 90 giorni di tempo, a partire dall’8 gennaio, per il deposito della perizia psichiatrica.

Contestualmente, il sostituto procuratore Ciro Alberto Savino ha conferito l’incarico allo psichiatra Luciano Finotti. Gli avvocati Marcello Rambaldi e Alessio Lambertini, che difendono la donna, si affideranno invece alle psicologhe Silvia Mazzanti e Alessandra Bramante.

Lo stesso ha fatto l’avvocato Alessandro Gabellone, che assiste il padre della vittima, un 38enne di nazionalità tunisina, parte civile nel procedimento, che ha nominato la psicologa Erika Cuomo.

Già durante l’udienza preliminare, i legali della donna avevano depositato una consulenza sull’esistenza di vizio totale di mente nell’imputata, chiedendo al giudice di disporre una perizia, ma la richiesta venne rigettata per questioni tecniche. Lo stesso fece il consulente della Procura, lo psichiatra Luciano Finotti, che aveva evidenziato l’esistenza di una parziale assenza della capacità di volere nella 31enne, affetta da quello che venne inquadrato come un disturbo di personalità borderline, oltre che da problemi legati all’abuso di stupefacenti.

I fatti al centro del procedimento risalgono al 17 giugno 2021 quando, intorno alle 6 del mattino, la donna aveva allertato i carabinieri perché andassero nella sua casa, in via degli Ostaggi, dove una volta arrivati sul posto, i militari la trovarono in stato di shock e sanguinante.

Per la disperazione, infatti, si era da poco tagliata i polsi e agli uomini dell’Arma aveva ripetuto di aver ucciso lei il suo bambino e di volerla fare finita. Il piccolo si trovava sdraiato nel lettone dove aveva passato la notte insieme alla madre, immobile.

I sanitari del 118 provarono a rianimarlo per quasi 45 minuti, ma non ci riuscirono.

In casa con loro c’erano anche gli altri due figli, di 5 e 9 anni, che vennero poi affidati alla nonna, accorsa in via degli Ostaggi dopo essere stata avvisata con un messaggio via WhatsApp.

Poco prima, la donna – con un passato problematico con l’uso di stupefacenti e che i vicini raccontarono fosse parecchio agitata anche nei giorni precedenti – aveva cercato di aggredire i carabinieri, che con molta difficoltà e con l’aiuto dei colleghi della polizia di Stato riuscirono a bloccarla e accompagnarla all’ospedale di Cona per le medicazioni e l’assistenza psicologica del caso.

Il padre, un 38enne tunisino che da circa un mese aveva lasciato la casa familiare dopo alcune incomprensioni con la compagna, arrivò quando già il 118 aveva constatato che per il bimbo non c’era nulla da fare. Furono i carabinieri a informarlo della morte del figlio.

Nei mesi successivi al tragico fatto, poi, l’autopsia disposta dal pm di turno sul corpo del bambino aveva constatato come il decesso del piccolo fosse avvenuto per soffocamento da mezzo soffice, con la madre che sin dal primo momento è risultata essere la sola e unica indagata per il tragico evento.

Al momento, per via della grave situazione di fragilità psichiatrica in cui versa, la donna è ospite di una struttura.

Si torna in aula l’11 aprile.

 

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