Cronaca
28 Novembre 2023
In aula sentito l’avvocato Andrea Toschi, legale della famiglia dopo la sentenza in appello a carico di Raffaele Pisano

Omicidio Bergamini e le false piste che conducevano alla droga

di Redazione | 4 min

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Dopo un mese e mezzo si torna in aula in Corte d’Assise a Cosenza dove è in corso il processo, a carico dell’unica imputata Isabella Internò, per far luce sull’omicidio di Denis Bergamini avvenuto a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989.

In aula a deporre, come testimone della difesa, l’avvocato Andrea Toschi, legale della famiglia Bergamini dalla fine di novembre del 1989 fino al 1993, dopo la sentenza in appello a carico di Raffaele Pisano per omicidio colposo.

L’avvocato Angelo Pugliese, difensore di Isabella Internò, interroga il legale ferrarese in merito al lavoro svolto per la famiglia del compianto calciatore del Cosenza: “Ero stato nominato assieme all’avvocato Cavallari, presso lo studio del quale prestavo servizio. Ci affiancavano gli avvocati Franz Caruso del foro di Cosenza e Eugenio Donadio del foro di Castrovillari”.

L’esame parte dalla figura di Dammatiana De Santis, la studentessa cosentina che aveva chiamato più volte la famiglia Bergamini dicendo di conoscere la verità sul mistero della sua morte e che aveva lasciato intendere che il ragazzo venisse usato a sua insaputa come corriere di droga: “Venni in contatto con la ragazza attraverso la famiglia Bergamini. La ricevetti in hotel ma non ricordo mi disse nulla di che. L’ho trovata poco attendibile, ho avuto l’impressione che volesse solo mettersi in mostra e palesare amicizie con calciatori”.

Altro personaggio cruciale negli appunti dell’avvocato Toschi, inseriti nel fascicolo relativo al caso, è quello Giuseppe Ingrosso, ex maresciallo dei carabinieri al quale Domizio Bergamini, padre di Denis si rivolse in qualità di investigatore privato nel marzo 1990 per condurre indagini sulla morte del figlio.

Nell’affidare l’incarico a Ingrosso gli venne chiesto di indagare su chi consegnò alla famiglia le scarpe che Denis indossava il giorno della morte e su eventuali indagini personali condotte da Padovano sulla morte dell’amico e compagno di squadra. Pugliese mostra a Toschi un documento datato 17.05.1990, non firmato, inviato via fax da Caruso a Toschi che presumibilmente è la relazione di Ingrosso.

Nel documento Denis viene descritto come persona per bene, uno sportivo attaccato al suo lavoro e alla famiglia e lontano da condotte poche lecite. Nella relazione entra però in gioco anche la figura di un amico e compagno di squadra, “dedito a condotte peccaminose”, che avrebbe avvicinato Denis a contesti criminali legati al traffico di droga con soggetti di Castellaneta, in provincia di Taranto, dove Denis avrebbe cominciato a recarsi di frequente per gestire suddetto traffico. Bergamini – secondo questa versione già da subito inattendibile – decisosi poi ad uscire dal giro avrebbe tentato invano di allontanarsi da tali loschi affari e non riuscendosi avrebbe deciso di togliersi la vita.

Toschi, in aula, non è in grado di dire se il documento non firmato, sia o meno la relazione finale di Ingrosso ma ricorda di non aver tenuto in considerazione le teorie dell’investigatore, ritenute, in accordo con l’avvocato Cavallari, “frettolose e lacunose, campate in aria”. Viene mostrata al legale anche una lettera scritta a Ingrosso, datata 15.06.1990 nella quale il legale congeda di fatto l’investigatore comunicandogli che le sue conclusioni non sono state ritenute utili.

Pugliese introduce quidi la figura del prof. Antonio Dell’Erba, medico legale di Ferrara al quale lo studio Cavallari si rivolgeva spesso per consulenze e al quale si rivolsero anche in merito a una consulenza sul cadavere di Denis dopo la riesumazione del 1990. Nelle richieste avanzate dai legali al medico anche quella di escludere eventuali patologie e in particolare l’Aids.

Pugliese chiede a Toschi come mai volesse indagare proprio sull’Aids e il legale risponde: “In giro si diceva che, se un ragazzo come Denis che aveva tutto, soldi, successo e donne, fosse arrivato a commettere un gesto come il suicidio allora forse poteva avere un tumore o l’Aids, quindi, gli abbiamo chiesto di escludere queste due piste. L’autopsia ha subito escluso possibili tumori ma per l’Aids al tempo le tecniche, che erano solo sperimentali, non permettevano di arrivare ad una certezza. Con il passare del tempo e con la piena consapevolezza, grazie alle indagini, che non si era trattato di suicidio, abbiamo poi abbandonato l’idea di trovare una risposta a questa domanda. Erano approfondimenti che le dinamiche ricostruite nel tempo hanno reso inutili”.

Pugliese chiede a Toschi se di questo tipo di indagini sia stata o meno informata la Procura di Castrovillari. Toschi specifica come le comunicazioni con la Procura spettassero all’avvocato Donadio e che quindi non sa e non ricorda cosa sia stato allora comunicato o meno, ma che comunque “queste piste non vennero ritenute valide né perseguibili dallo studio legale Cavallari”.

Nel controesame condotto dal pm Primicerio e dagli avvocati Anselmo e Galeone delle parti civili, si mette in evidenza come gli appunti mostrati in aula a Toschi facciano parte di un più vasto campione non mostrato nella sua completezza. Anche le comunicazioni con Ingrosso (due quelle mostrate al teste) sono state più numerose, alcune anche telefoniche. In tal senso è stata chiesta e ammessa l’acquisizione di tutto il materiale, completo di appunti del legale, al fine di giungere ad una corretta correlazione tra i vari documenti citati e mostrati in aula.

Si torna in aula oggi (martedì 28) quando sul banco dei testimoni saliranno Francesco Maria Avato medico legale che condusse il primo esame autoptico sul corpo di Denis e il consulente Pierantonio Ricci.

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