L'inverno del nostro scontento
3 Ottobre 2023

È proprio vero: sulle stragi di migranti siete tutti uguali e avete tutti le mani sporche di sangue

di Girolamo De Michele | 6 min

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“E per questo ho deciso di rifiutare tutto quello che, da vicino o da lontano, per buone o per cattive ragioni, faccia morire o giustifichi che si faccia morire” (Albert Camus, La Peste)

30 settembre 2023, a quasi dieci anni dalla più grande strage di migranti del Mediterraneo:

Li hanno speronati, nel tentativo di azzardare un abbordaggio già di per sé omicida, perché condotto da una motovedetta in ferro a danno di un gommone rattoppato e stracarico di persone. Il gommone, come fosse un palloncino colpito da un camion in corsa, è collassato subito, consegnando al mare le vite che conteneva. Donne, uomini bambini. Quanti morti? Come denunciato poche ore fa pubblicamente da Sea-Watch, l’aereo civile Seabird ha osservato e documentato stamattina questa violenta intercettazione operata, in acque internazionali al largo di Sabratha. La motovedetta libica classe Corrubia, è una di quelle fornite in questi anni dai governi italiani. Una parte del gruppo di profughi è stata sicuramente catturata e deportata in Libia. Ma l’affondamento di un gommone carico di persone non è quasi mai senza conseguenze mortali.

Il resto dell’articolo del mio amico e compagno Luca Casarini è qui.

Per non essere frainteso, o per non dare facili pretesti di fraintendimento, dico subito quello che chi mi conosce sa che penso da anni, sulla base dei numeri e dei fatti.
1. Non c’è alcuna invasione in atto: i numeri dei migranti sbarcati in Italia nel 2023 sono gli stessi del 2016. Quello che è in crisi, per volontà politica, è il sistema di accoglienza diffuso, ragion per cui i migranti non sono distribuiti nei diversi punti di approdo possibili, ma costretti a passare attraverso la strozzatura di Lampedusa.
2. Non c’è alcuna saturazione, ovvero: è falso che non ci sia più spazio. Da almeno 5 anni il numero dei migranti giunti in Italia è inferiore a quello degli italiani che migrano all’estero.
3. Non è vero che il flusso dei migranti sia colpa delle ONG: le ONG, ovvero le navi di soccorso che suppliscono a una carenza dello Stato, che viene meno ai suoi doveri costituzionali, portano a riva il 5% del totale dei migranti salvati. Non è quel 5% in più che determina il collasso delle strutture di accoglienza, così come oggi sono poste in essere: ma quel 5% significa comunque migliaia di vite salvate. Molte, e al tempo stesso troppo poche, rispetto a quelle che continuano ad annegare, facendo del Mediterraneo il più grande cimitero a cielo aperto dell’Europa.
4. Non è per quel 5% di vite salvate che le ONG sono sotto attacco, da Minniti a Piantedosi passando per Salvini e Lamorgese; le ONG sono sotto attacco perché sono testimoni dei crimini contro le vite umane compiuti nel Mediterraneo.
5. Non è vero che “non possiamo tenerceli”: esistono molte possibilità, e molti progetti che le dettagliano dal punto di vista operativo, di collocamento dei migranti, ad esempio col ripopolamento dei borghi montani e delle campagne. Un solo esempio: più della metà del territorio della nostra provincia è disabitato e incolto; che questo sia foriero di pericoli anche per i centri urbani lo abbiamo imparato con la latitanza di Igor il Russo, resa possibile proprio dallo stato delle nostre campagne. La crisi degli approvvigionamenti alimentari ci dovrebbe far ripensare l’abbandono delle campagne, da convertire verso l’autosufficienza agro-alimentare: basta fare 1+1. Però, vuoi infastidire i due monopolisti del mercato agroalimentare ferrarese, mettendoli in concorrenza con piccole aziende e poderi che vanno a dissodare e rendere fertile e produttivo il deserto che loro hanno creato?

Ciò chiarito, a dieci anni dalla più grande strage di migranti nel Mediterraneo, in attesa della prossima che la superi per numero e orrore, è stato affisso a Ferrara un manifestone che equipara l’attuale governo al PD; la sua affermazione che non ci sarebbe un blocco navale è falsa, è vero il contrario: il blocco navale c’è, con mezzi non visibili, con i mille intoppi burocratici che impediscono i salvataggi, con i respingimenti mascherati (ma anche palesi).

Il blocco navale c’è oggi, come c’era ieri, con i governi Conte 2 e Draghi, e prima ancora con i Conte 1 e Gentiloni.
C’è con il governo di FdI e Lega, come con quelli del PD e del M5S.

Il ministro degli interni che ha effettuato più respingimenti, negli ultimi anni, non è stato Salvini, ma Lamorgese. I pretesti burocratici che oggi bloccano in porto la nave Mare Jonio non li ha inventati Piantedosi: se li è trovati già fatti e finiti grazie a Lamorgese e Draghi.
Il memorandum Italia-Libia, che lo scorso novembre è stato rinnovato fino al 2026, è stato creato da Minniti e Gentiloni, ma è stato rinnovato da Conte e Lamorgese nel novembre 2019, quando al governo c’erano il M5S di Di Maio (quello che ha inventato la locuzione “taxi del mare”), il PD, e anche la “sinistra” di Fratoianni, De Cristofaro e Speranza.

Per chi lo avesse dimenticato, o lo ignorasse, ecco quanto Mediterranea Saving Humans scriveva nell’aprile 2020 alla ministra Lamorgese, che aveva dichiarato che “la guardia costiera libica salva vite umane”:

Gentile Ministra Lamorgese, o Lei non sa di che parla, come speriamo, oppure sta dicendo qualcosa di estremamente grave e crudele. Non dimenticheremo mai le volte in cui persone appena soccorse da noi, con i libici ancora di fronte in mezzo al mare, ci hanno sussurrato atterrite: “se dovete ridarci a loro buttateci in mare, piuttosto”.
Non dimenticheremo mai i segni delle torture che abbiamo visto sui loro corpi, gli occhi delle donne incinte degli stupri dentro i centri in cui vengono riportate le persone catturate dalla cosiddetta guardia costiera libica. Capiamo che ci sia bisogno di provare a pulirsi la coscienza: ma la macchia è inestinguibile.
Il Suo governo, come quello precedente, come quello prima ancora, da cui tutto è cominciato, ha fornito mezzi, soldi, e addestramento insieme all’Unione europea, a miliziani che agiscono in piena continuità con trafficanti e stupratori, e che a volto coincidono proprio con questi ultimi, come nel caso di Bija. Ci sono macchie che non si estinguono, e preferiremmo oggi che almeno ci fosse la decenza di evitare il linguaggio dell’umanitarismo per cercare di coprirle.
Le ricordiamo che l’alternativa alla morte in mare non può essere la condanna alla tortura finanziata dall’Italia e perpetrata dai libici, ma devono essere canali di ingresso legali e sicuri, peraltro molto meno costosi del foraggiamento di miliziani e governanti liberticidi dei paesi di transito.

Oggi il PD si indigna, e mostra la sua faccia contrita davanti ai morti in mare: come non fosse quello stesso PD che, tornato al governo dopo la breve parentesi del Conte 1, ha reiterato le stesse indistinguibili politiche di Gentiloni e Salvini, dapprima col governo rosso-giallo, e poi col “governo dei migliori”, facendo orecchie da mercante davanti alla richiesta di aprire canali umanitari fra Italia e Libia.

Sabato 30 settembre una motovedetta libica, di quelle regalate dai governi italiani, ha speronato e affondato al largo della Libia un gommone di migranti: chi è responsabile di questo crimine? O meglio: chi può dire di avere le mani pulite, davanti a questa strage per procura?

Siete tutti uguali, che vi piaccia o meno: siete uguali nella disponibilità a mettere le vite umane sul piatto della convenienza politica per un punto percentuale nei sondaggi o un like sui social.
Quello che vi distingue, ma solo in apparenza, è il numero di vittime che siete disposti ad accettare, che pesate con più o meno pelo sullo stomaco.

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