di Federica Pezzoli
Digitale: questa parola non poteva non essere fra le trenta scelte dalla redazione di Internazionale per festeggiare i primi trent’anni del Festival nella città estense, perché sicuramente il ‘digitale’ è fra i temi e gli aspetti che più anno influenzato e più sono cambiati in questi tre decenni. Silvia Sciorilli Borrelli, corrispondente del Financial Times a Milano, ne ha parlato nel Cortile del Castello Estense sabato mattina con Roberto Viola, direttore generale per le politiche digitali della Commissione europea (DG Connect), per capire l’impatto di queste politiche sulla vita quotidiana dei cittadini.
Se Internet non è più lo strumento democratico che avevano in mente i suoi creatori, la buona notizia è che, almeno su questo fronte, l’Europa agisce in modo unitario, considera la rete come “bene comune” ed è “molto avanti” per quanto riguarda la legislazione. Come dimostra il fatto che siamo l’unico continente ad esserci dotati di una Carta per i Diritti Digitali e “dove ci sono regole per cui le piattaforme digitali devono dar conto” in qualche misura “di ciò che fanno”, ha affermato Viola, facendo anche un esempio pratico: in Europa “le piattaforme devono fare analisi di rischio sociale dei propri algoritmi e queste analisi sono sottoposte a meccanismi di controllo indipendente”. Non è una cosa scontata se negli Stati Uniti il presidente Biden ha fatto “un appello a tutte le forze politiche” per una riflessione che porti a una regolamentazione della rete, ma ad oggi “è rimasto inascoltato”. Certo poi l’applicazione delle regole è un altro discorso, visto che Sciorilli Borrelli ha rivelato come, nonostante ufficialmente l’età per accedere ai social media sia tredici anni, “i centri per la sicurezza della rete hanno cominciato a ricevere segnalazioni per quanto riguarda minori fra i cinque e i dieci anni”.
Un’altra questione su cui la giornalista ha chiesto il parere di Viola è “il rischio di politicizzazione dei social network”. Viola è convinto che le democrazie siano intrinsecamente più vulnerabili a questo tipo di rischi, ma ha in un certo senso spostato il problema: “In una democrazia ho il diritto di dire una stupidaggine. Quando questo diventa un problema? Quando questa stupidaggine viene amplificata da un algoritmo per farci i soldi. Da libertà individuale, questo diventa un problema sociale e democratico”. Ecco perché per Viola la democrazia diretta attraverso la rete e gli smartphone rappresenta allo stesso tempo una sfida, perché c’è una “perdita del valore dell’intermediazione culturale”, ma nello stesso tempo un’opportunità visto che, se guardiamo all’Italia, “il quaranta per cento dei cittadini non è andato a votare, ma l’ottantacinque per cento sta sulla rete”. Certo in un mondo sempre più digitale l’altro versante del problema sono “le competenze digitali dei cittadini europei” e su questo “l’Europa e la scuola devono fare la loro parte” ha affermato Viola.
Non poteva non emergere il tema dell’intelligenza artificiale: secondo Viola “le prospettive e i rischi sono imprevedibili, l’abbiamo già visto con l’atomo”. Certo è indiscutibile che “siamo all’inizio di una cosa straordinaria perché è iniziata l’era delle macchine pensanti”.
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