
Leonardo Riberti
Ha fornito la propria versione dei fatti, dettagliando i perché delle proprie azioni, la psichiatra ferrarese di 47 anni, responsabile del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Uo Psichiatria Universitaria di Ferrara, imputata con l’accusa di omicidio colposo per la morte di Leonardo Riberti, il 21enne morto nelle prime ore del mattino del 21 giugno dello scorso anno dopo una caduta avvenuta all’esterno dell’ospedale Maggiore di Bologna, dove era ricoverato a seguito di un intervento chirurgico.
Ieri, martedì 26 settembre, durante la discussione dell’udienza preliminare, davanti al gup del tribunale di Bologna, la donna – difesa dall’avvocato Michele Ciaccia – ha reso dichiarazioni spontanee, respingendo le accuse che le vengono mosse dal pm Luca Venturi, che per lei ha chiesto il rinvio a giudizio.
Nello specifico, in aula, la psichiatra ha specificato che Riberti era stato inviato, e non trasferito, all’ospedale Maggiore di Bologna per una consulenza e successivo intervento di rimozione dall’esofago un dischetto di plastica che aveva ingerito volontariamente, al termine del quale avrebbe poi dovuto fare ritorno a Ferrara. Secondo la ricostruzione fatta dalla professionista, però, il nosocomio felsineo avrebbe autonomamente deciso di ricoverarlo senza dire nulla al Sant’Anna di Cona, che ne venne a conoscenza solamente in serata, quando chi era di turno chiamò i colleghi bolognesi, procedendo a redigere successivamente la lettera di dimissioni.
Nel corso della sua deposizione, la donna ha inoltre specificato che ai sanitari del Maggiore erano state fornite tutte le indicazioni e i dati anamnestici necessari per la gestione del paziente, aggiungendo che tutti erano a conoscenza dello stato di salute di Riberti, dal momento che la sola provenienza dal reparto di Emergenza Psichiatrica era sufficiente per inquadrarne il delicato quadro clinico. Ma non solo, ha anche successivamente sottolineato che, durante il proprio periodo di degenza a Cona, non si erano rappresentati episodi che potevano far presagire quanto sarebbe successo più tardi, spiegando che non c’erano concrete evidenze cliniche inerenti a eventuali rischi per la salute del paziente.
Infine, la psichiatra si è soffermata anche sulla somministrazione di ketamina a scopo anestetico, dal momento che, secondo l’accusa, l’utilizzo di questa sostanza nei pazienti con problemi psichici potrebbe favorire l’insorgenza di reazioni avverse. A questo proposito, la responsabile del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura dell’Uo Psichiatria Universitaria di Ferrara ha spiegato che, in quella circostanza, la scelta di quali farmaci utilizzare spettava all’anestesista e che quindi, anche se fosse stata a conoscenza dell’eventuale situazione di pericolo, non avrebbe potuto intervenire.
Nel corso del procedimento si sono costituiti parte civile i genitori di Leonardo Riberti, tramite l’avvocato Fabio Anselmo, e la sorella della vittima, tramite l’avvocato Silvia Galeone. Inoltre, è stata depositata la denuncia conto i sanitari del Maggiore e l’opposizione all’archiviazione nei loro confronti.
L’udienza è stata rinviata per le repliche al 19 gennaio, dopodiché il giudice deciderà se rinviare o meno a giudizio la psichiatra.
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