La procura ha chiesto l’archiviazione per il procedimento che verteva su alcuni dei decessi nelle case di riposo registrati nel corso della prima ondata di Covid-19 del marzo 2020 in provincia di Ferrara.
L’ipotesi di reato per la quale il pm Alberto Savino aveva indagato i rappresentanti legali che gestivano le strutture Beneficenza Manica, La Fiorana e Villa Aurora (oggi in capo a una nuova gestione) di Argenta, era quella di omicidio colposo plurimo.
E proprio la “Manica” è stata al centro del vortice di indagini che è partito da via Mentessi per chiarire le eventuali responsabilità. Al suo interno infatti vi furono 18 dei 30 decessi di pazienti colpiti da Coronavirus sui quali ha indagato la procura.
La procura aveva affidato una consulenza al virologo Saverio Parisi, ordinario di Malattie Infettive presso l’Università di Padova, per valutare la corrispondenza tra norme e conoscenze susseguitesi nell’emergenza Covid-19 e i protocolli adottati nelle tre case di riposo. In sostanza, il medico legale doveva stabilire se ci fosse un collegamento tra i decessi e l’ingresso del virus nelle strutture, e se, in caso affermativo, in considerazione delle conoscenze tecniche del momento, si sarebbero potute attuare misure di profilassi tali da evitare il decesso di svariate decine di lungodegenti.
Il consulente parte dalle sue deduzioni prendendo come riferimento la Manica, per giungere a conclusioni “del tutto sovrapponibili”, annota il sostituto procuratore, anche alle altre due strutture.
Partendo dai primi documenti scientifici con cui si è cercato di arginare la pandemia, in particolare all’interno delle Rsa, il perito sottolinea come fossero “praticamente coevi all’insorgenza dei primi sintomi di contagio all’interno delle case di cura di Argenta”. E le misure consigliate da Istituto superiore di sanità, Ministero non andavano oltre all’attenzione sull’utilizzo dei presidi, alla necessità di formazione ed aggiornamento degli operatori, alla necessità dei tamponi.
Misure comunque “che ancora non erano state pienamente recepite dalle varie strutture, sia per mancanza di informazioni chiare sul virus, sulla dinamica e modalità dei contagi, sia per la mancanza di efficace comunicazione in merito alla lesività dello stesso, sia – e soprattutto – per la mancanza di posti idonei dove isolare i soggetti già sintomatici e gli asintomatici già esposti con soggetti malati”.
La consulenza ha cercato anche di rintracciare il cosiddetto “paziente zero”; per chiarire quando il virus ha fatto la sua comparsa nella rsa. Il primo contagio entrato nella struttura risale al 16 marzo 2020 e sarebbe identificabile con una anziana deceduta il 17 marzo. Da quel momento si è assistito a contagi a cascata: al momento dello screening del 31 marzo erano già 40 i pazienti lungodegenti positivi, di cui almeno 18 sono poi deceduti. Alla data del 1o aprile il Covid aveva infettato almeno 18 operatori sanitari.
Il perito segnala nel proprio report che su 85 ospiti della struttura il 71.7% risulta avere contratto il Covid (per un totale di 61 unità).
Ma anche il “paziente zero” non è stato utile a valutare azioni contenitive. Non è detto infatti che prima della paziente indicata si fosse ammalato qualche medico, o infermiere o operatore.
Quanto alle cause della successiva propagazione del virus, vengono valutati alcuni fattori concomitanti: la mancata compartimentazione del personale a rischio; il mancato riordino dei posti letto; il riassortimento degli operatori in rientro dopo un congedo per malattia senza un adeguato screening sulle loro condizioni di salute; la generale lentezza degli screening su oss e lungodegenti e della relativa risposta.
Condotte, queste, che secondo la procura non possono ricadere in capo agli indagati.
“L’ubiquità del virus – fa presente Savino -, la mancanza di dati obiettivi e certi circa le modalità di contagio, l’impossibilità di isolare all’interno della struttura tutti gli oss che vi prestavano servizio, impedisce di ipotizzare che l’adozione del comportamento alternativo lecito avrebbe impedito la diffusione del virus all’interno di una struttura che presentava 85 ospiti e decine di oss che, fuori dal servizio, soggiornavano nelle proprie rispettive abitazioni, seguiti ciascuno dal proprio autonomo medico di famiglia”.
Il perito, sul punto, ha evidenziato che l’ipotesi di trasferimento dei degenti infettati e contenimento degli stessi avrebbe dovuto essere seguita anche dal trasferimento di oss dedicati in alloggi contingentati, e ciò sarebbe dovuto avvenire, per Beneficenza Manica, tra il 16 e il 19 marzo sulla base dei primi “sospetti” di contagio, sebbene non ancora riscontrati dallo screening, pervenuto solo il 26.
In quel caso, forse, se la catena del contagio fosse stata contrastata prima, si potevano ridurre (“ma non impedire completamente”) il numero dei contagiati “da 40 ospiti e 18 oss ad un numero sicuramente inferiore ma impossibile da quantificare scientificamente e ciò anche nell’ipotesi di adozione di tutte le misure applicabili concretamente, ossia isolamento, protezione di barriera, diagnostica tempestiva, dotazione di presidi medici ed infermieristici adeguata e personalizzata”.
Quelle misure “avrebbero potuto – sottolinea il pm – quindi arginare il contagio (ma non si può stabilire su basi scientifiche certe in quale percentuale e su quali soggetti), ma non escluderlo tout court, potendosi solo azzardare delle ipotesi”.
Considerazioni, come detto, sovrapponibili anche per le altre due rsa, Villa Aurora e La Fiorana.
Per Villa Aurora il consulente ravvisa un “quadro molto impegnativo in termini di responsabilità omissiva, per carenze organizzative e gestionali e sottovalutazioni rischi”, risultando però impossibile “comprendere con la precisione richiesta quali potessero essere i casi di infezioni, tra quelli occorsi, concretamente e certamente evitabili con opportune e tempestive misure di screening e contestuale isolamento”.
Per La Fiorana, infine, anche se “si fosse proceduto alla adozione di severissime misure di isolamento e contenimento degli ospiti, anche a far data dal 10 marzo […] la diffusa positività riscontrata nei giorni successivi […] non consente di certificare l’efficacia di detti ipotizzabili interventi né tantomeno quali ospiti si sarebbero potuti mantenere esenti dall’infezione”.
Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni
Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.
OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:
Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com