Cronaca
16 Marzo 2023
Sentito in aula Lucky Anthony Odianose, imputato già condannato per l'aggressione in via Olimpia Morata. Numerose le discordanze nel suo racconto rispetto a quanto aveva affermato dopo il suo arresto

Mafia nigeriana. Andava a fare la spesa col machete

di Davide Soattin | 3 min

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È approdato ieri mattina (mercoledì 14 maggio) in aula - davanti al collegio del tribunale di Ferrara - quello che a tutti gli effetti può essere inquadrato come il regolamento di conti tra clan nigeriani dopo la folle aggressione col machete avvenuta il 30 luglio 2018 lungo via Olimpia Morata

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Emergono numerose contraddizioni nella testimonianza di Lucky Anthony Odianose detto ‘Ubeba‘, sentito ieri (mercoledì 15 marzo) in aula nel processo alla mafia nigeriana, in cui è imputato insieme ad altre diciassette persone.

Divergenze che hanno riguardato principalmente il racconto dell’agguato con il machete, avvenuto il 30 luglio 2018 in via Olimpia Morata ai danni di Stephen Oboh, di cui l’uomo fu protagonista e per cui ha già scelto di patteggiare la pena di 4 anni e 10 mesi.

Un fatto che – secondo quanto reso durante l’interrogatorio al pm e al gip dopo il suo arresto – sarebbe scaturito da un regolamento di conti tra bande rivali e non da un incontro casuale, come raccontato invece ieri nelle risposte rese al pm Roberto Ceroni.

Quanto successo – ha affermato – non è stato organizzato. Stavo uscendo da un negozio di alimentari dopo aver fatto la spesa e ho visto che Stephen si era messo a correre verso di noi (insieme a ‘Ubeba’ c’erano anche Irabor Iginosa e Henry Aherobor, ndr) e pensavamo ci volesse attaccare come altre volte. Ho visto che si era messo una mano in tasca e che aveva tirato fuori un’accetta e io, a mia volta, ho tirato fuori il machete, ma non l’ho usato“.

Alla base dello scontro quindi, secondo la versione di Odianose, non ci sarebbe stata una faida per lo spaccio col clan degli Eye, di cui Stephen Oboh era capo, ma una questione sentimentale: “Avevo già deciso che lo avrei picchiato per la situazione che lui e suo fratello (Isaac, ndr) avevano creato nei confronti di mia moglie e mia figlia. Non avevo altra scelta, dopo che le quattro denunce sporte a polizia e carabinieri non avevano portato a nessun intervento”.

Discordanze nelle dichiarazioni anche per quel che riguarda le conoscenze all’interno del clan dei Viking – di cui ‘Ubeba’, secondo gli inquirenti, era il ‘coordinator‘ e che era in particolare una sorta di amministratore dello spaccio di stupefacenti. A suo tempo infatti, durante l’interrogatorio in Procura, aveva detto di conoscere sia Dj Boogie chePapa Joy‘, mentre ieri, in aula, ha riferito di non avere degli amici che a Ferrara facevano parte di quel gruppo.

Altre contraddizioni poi sono emerse, inoltre, nel racconto di quello che è stato il passato di Odianose. Arrivato in Italia nel 2013, l’imputato ha raccontato davanti al giudice di essere stato, fino a quel momento, membro della gang deiBuccaneers‘ in Nigeria, rimangiandosi quanto aveva affermato a gip e pm, a cui disse di essere stato da sempre un affiliato dei Viking. Interrogato su questa versione ‘alternativa’ da parte del pm Roberto Ceroni, ‘Ubeba’ ha dato come motivazione alcuni consigli che gli erano arrivati in cella per “mantenere la pace” e avere vita più facile.

Infine, in aula, davanti al collegio, presieduto dal giudice Sandra Lepore, con a latere, i giudici Alessandra Martinelli e Andrea Migliorelli, Lucky Anthony Odianose ha poi ammesso di aver venduto droga a Ferrara e di averlo iniziato a fare nel 2017. Un’ammissione che però non trova riscontro nei verbali dell’interrogatorio reso alla Procura, a cui ‘Ubeba’ aveva riferito di non saper niente di sostanze stupefacenti.

Si torna in aula martedì 22 marzo, quando dovrebbe essere sentito Dj Boogie, considerato il vertice dell’organizzazione a Ferrara e uno molto in alto nella scala gerarchica degli Arogaba in Italia.

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