Cronaca
3 Marzo 2023
Ieri (giovedì 2 marzo) il colloquio con il suo avvocato, il legale Monica Pedriali, ma continua a rifiutare le visite dall'esterno e fatica a tornare su quanto accaduto: "Per lui è molto doloroso"

Omicidio Barco. Biondi non parla e non mangia: “Quasi a volersi autoinfliggere dolore psicologico”

di Davide Soattin | 2 min

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Non parla con nessuno e fatica a mangiare quasi a volersi “autoinfliggere dolore psicologico” Sandro Biondi, il 51enne arrestato per la morte della madre, l’80enne Maria Luisa Sassoli, soffocata con un cuscino nel sonno, nella loro abitazione di via Argante, nel quartiere Barco.

A darne conto della delicata situazione è l’avvocato Monica Pedriali, il suo legale difensore, che ieri (giovedì 2 marzo) l’ha incontrato nel carcere di via Arginone per un colloquio, dove però non è stato ripercorso quanto è accaduto durante la tragica mattinata di giovedì 23 febbraio.

Si è chiuso in un rigoroso silenzio” spiega Pedriali, l’unica persona con cui al momento l’uomo interagisce. “Nel complesso – aggiunge – la sua è una situazione tranquilla, anche se è estremamente provato da un dolore” che pare lo abbia fatto chiudersi in se stesso.

L’avvocato infatti, sia nel rapporto con i poliziotti penitenziari che in quello con gli altri detenuti, descrive il proprio assistito come una personadocile, rispettoso e collaborativo” nella vita di tutti i giorni, anche se continua a rifiutare qualsiasi interazione a livello umano e ogni tipo di visita dall’esterno.

“Non so se questa situazione di «tranquillità» – aggiunge l’avvocato – sia transitoria per il suo dolore, ma a me è parso che al momento le ipotesi suicidarie di cui si parlava nei giorni scorsi siano scongiurate. Ripercorrere quanto successo è molto doloroso per lui e quando si tenta di farlo, sembra quasi che dica «ho già detto tutto, cosa volete?»”.

Su di lui, nei giorni scorsi, sono intanto iniziate le operazioni peritali tecnico-psichiatriche da parte dello psicologo Luciano Finotti, nominato dalla pm Andrea Maggioni che, sul 51enne, ha già effettuato test e colloqui – anche questi al minimo proprio per il rifiuto al dialogo da parte del reo confesso – con l’obiettivo di capire se fosse capace di intendere e di volere al momento dei fatti e se soffrisse di patologie psichiche.

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