Attualità
23 Gennaio 2023
Lo sostiene Michele Gigli, autore di una ricerca sulle realtà nascoste di lavoro gravemente sfruttato: "Ci si dovrebbe concentrare sullo stato di bisogno del lavoratore"

Si evolve il caporalato a Ferrara: “La repressione non basta, serve un approccio sociale”

di Redazione | 3 min

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“L’attuale sistema di contrasto allo sfruttamento lavorativo è deficitario poiché l’approccio del legislatore è sostanzialmente errato, nella misura in cui non tiene conto dell’evoluzione storica del fenomeno”. Queste poche righe che aprono le conclusioni di “Realtà nascoste di lavoro gravemente sfruttato e caporalato”, curata da Michele Gigli dell’European University Institute, danno conto di un problema enorme nella gestione del lavoro sfruttato nella nostra provincia ma non solo.

Incontrato a margine di un convegno sullo sfruttamento lavorativo nel territorio ferrarese, Michele Gigli entra nel merito della ricerca che analizza “da un punto di vista empirico”, come e perché “si sviluppa il fenomeno del lavoro gravemente sfruttato e il caporalato”. “Il fine – dice – era quello di proporre delle raccomandazioni su come procedere nelle operazioni di contrasto” e questo è anche ciò che ci viene sottolineato da Elena Zaccherini. “Promossa dal Comune di Ferrara – dice – e voluta nell’ambito delle attività che portiamo avanti nell’ambito dell’Ufficio Sicurezza Urbana e Centro di Mediazione poiché ci occupiamo di sicurezza nel senso di prevenzione ma anche di legalità nel senso di cultura della legalità”. E aggiunge, “conoscere i fenomeni del territorio, avere i dati e la fotografia di quello che accade in determinati ambiti per noi è importante per costruire un corpus di conoscenze che ci aiuti a comprendere eventualmente come agire”. “Tutto questo – conclude – lo facciamo in collaborazione con la Regione Emilia Romagna e grazie ai finanziamenti che ci concedono di anno in anno sulla legge 18 del 2016 che promuove la cultura della legalità”.

La ricerca in realtà era già stata presentata durante il Festival della Legalità dello scorso anno e infatti il lavoro porta la data del luglio 2022. “La ricerca – dice Gigli – in realtà raffigurava una situazione che è già in divenire e che è già evoluta rispetto a quel momento ma ci dà modo di lavorare sulle cause e sulle modalità della penetrazione del fenomeno del lavoro sfruttato nel mercato del lavoro”. E in effetti punto focale della ricerca pare proprio essere l’impossibilità di contrastare il fenomeno solo attraverso un punto di vista giuridico quando la maggior parte dei casi deve essere approcciata da un punto di vista sociale.

“Ciò che veniva fuori dal dibattito – spiega Gigli ai nostri taccuini – è che bisogna lavorare non tanto dal punto di vista delle fattispecie penali che sono l’apice della piramide”. Qua Gigli riprende un esempio portato nella mattinata dalla professoressa Silvia Borelli nel quale prendendo come figura esplicativa la piramide mostra che i casi trattabili all’interno del perimetro della giustizia penale sono la minoranza. Poi, al centro della piramide e quindi in numero maggiore troviamo “fattispecie di sfruttamento che non rientrano nel penale ma irregolarità della disciplina giuslavorista. Infine alla base della piramide troviamo la maggioranza dei casi “che rientrano nel lavoro cosiddetto grigio” e che quindi “non sono illecite dal punto di vista giuridico” pur essendo “situazioni in cui i datori di lavoro sfruttano lo stato di bisogno dei lavoratori”. Ecco perché ci si trova di fronte all’errore di fondo di concentrarsi sulla repressione del problema attraverso azioni giuridiche e di polizia che non lo contrastano appieno. Ciò su cui ci si dovrebbe concentrare “è lo stato di bisogno” del lavoratore sfruttato, è qui “che si dovrebbe intervenire e per fare questo non bisogna lavorare dal punto di vista giuridico, ma dal punto di vista sociale”.

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