di Stefania Scarfò
Nuova udienza in Corte d’Assise a Cosenza dove si sta celebrando il processo, a carico di Isabella Internò, unica imputata per l’omicidio di Denis Bergamini, morto a sulla statale 106 a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989.
A deporre in aula è toccato ad Angelo De Palo, all’epoca dei fatti carabiniere presso la stazione di Roseto Capo Spulico. Il giorno della morte di Denis era di servizio assieme al brigadiere Barbuscio. “Abbiamo istituito un posto di controllo lungo la statale 106 in direzione Taranto intorno alle 16.30-17 nei pressi del ristorante di Infantino (smentendo quanto aveva riferito Anna Napoli, che nella precedente udienza aveva affermato che il posto di controllo era stato effettuato davanti al suo distributore)”.
“Posto di controllo – prosegue – durato circa 15 minuti e nel corso del quale mi ricordo che abbiamo fermato una sola macchina, una Maserati bianca a bordo della quale si trovavano due giovani. Io ero di piantone alla macchina di servizio, mentre Barbuscio ha chiesto i documenti ai due giovani che io poi ho visto quando la macchina si è allontana, erano seri e tesi. Dopo circa 15/30 minuti dalla fine del posto di controllo abbiamo ricevuto una chiamata che ci annunciava un cadavere per strada. Ci siamo recati sul posto e ricordo perfettamente che c’era ancora luce, era l’imbrunire, saranno state le 17.30/18. Vidi il camion fermo per strada e il cadavere vicino alla ruota anteriore destra in posizione supina con viso e scarpe intatti, ho subito riconosciuto il ragazzo che avevamo fermato poco prima“.
Il pm Primicerio ha poi fatto leggere al teste l’ordine di servizio compilato quel giorno dal brigadiere Barbuscio nel quale viene riportata l’istituzione del posto di controllo, per rintracciare una Opel Corsa con 5 persone a bordo, a causa di una rapina ai danni di un camionista. Il teste non ha ricordato assolutamente di esser stato informato e che l’ordine del giorno, redatto il giorno prima non riportava nulla di straordinario. In effetti, come si evince dalla lettura in aula dell’ordine del giorno, è stato successivamente aggiunto un servizio straordinario inerente la rapina, del quale De Palo non venne mai informato nonostante la pericolosità del servizio. Ordine del giorno che non riporta la sua firma.
L’avvocato di parte civile Fabio Anselmo ha così incalzato il teste sugli orari facendogli notare che il verbale redatto dal brigadiere Barbuscio parla di un intervento sul luogo dell’incidente effettuato alle 19.30. Situazione, questa, che il teste smentisce fermamente in quanto ricorda con precisione che c’era ancora luce: “Nonostante avessimo in dotazione un faro non sono andato in comando a recuperarlo, non ritenendolo necessario. Solo quando si è fatto buio alcuni colleghi hanno recuperato il faro”. Sulle incongruenze di orario con quanto riferito da Barbuscio e dall’appuntato Iconio Bagnato, il teste non sa darsi spiegazioni e aggiunge: “L’ordine di servizio non è stato compilato correttamente, manca il resoconto, la descrizione di tutto quello che è successo“.
Dopo De Palo ha deposto anche Mario Panunzio che la sera dell’incidente si trova a passare lungo la statale 106 con la sua Ritmo insieme alla moglie, incinta, e ai suoceri. I 4 sono di ritorno da San Lorenzo Bellizzi, dove viveva la nonna della moglie, diretti a Calvera in provincia di Potenza quando vengono fermati da Isabella Internò, sconvolta, che gesticolando e urlando chiede loro aiuto: “Continuava a piangere e gridava dicendo che il suo fidanzato si era buttato sotto il camion. Mi ha chiesto insistentemente di accompagnarla a Cosenza ma io le ho detto che al massimo la avrei portata a chiamare i soccorsi”.
Panunzio, che afferma di essere arrivato sul posto quando era già buio, lascia allora sul luogo dell’incidente la sua vettura con la moglie e i suoceri a bordo, sale sulla Maserati, parcheggiata nella piazzola, assieme alla Internò e la accompagna fino ad un bar-ristorante dove la ragazza compie alcune telefonate (il teste non sa dire quante) mentre lui viene circondato dalle persone presenti nel locale alle quali riferisce quanto è successo. Quindi, in pensiero per la famiglia lasciata sul luogo del sinistro, dice alla Internò che intende tornare sul posto. La donna resta invece nel locale.
Tornato sul posto dell’incidente trova i carabinieri già presenti sul posto, si avvicina al carabinieri al quale riferisce che ha accompagnato e lasciato la ragazza in un locale poco distante e chiede come si deve comportare: “Il carabiniere mi ha detto che me ne potevo andare e non ha ritenuto di dover prendere le mie generalità”. Panunzio verrà poi rintracciato grazie ad alcune foto scattate sul luogo nelle quali viene immortalata la targa della sua Ritmo.
Infine, la testimonianza di Giovanna Cornacchia, moglie di Panunzio che ripercorre quanto accaduto quella sera confermando la tesi del marito. L’avvocato Anselmo ha fatto ascoltare in aula una conversazione ambientale registrata in Procura a Castrovillari nel settembre 2017 allorquando la donna accompagnò il marito che doveva esser ascoltato sui fatti. Nella sala d’attesa si trovava anche Francesco Forte. I tre condividono, in quell’occasione, il disagio del dover testimoniare, i timori e il fastidio che la vicenda stava loro arrecando: “Mi hanno tirato dentro questo fatto ma io che gli devo dire? – afferma Forte – Ma metti caso che quello che penso io… che lo vengono a sapere quelli che sono coinvolti… e so che fine devi fare?”.
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