Cronaca
25 Luglio 2022
Le motivazioni della sentenza che chiude, dopo otto processi e dieci condanne all’ergastolo, la tragedia della ragazza di 18 anni trovata carbonizzata nel 2004

Caso Burci. La Cassazione: Benazzo era tra gli assassini che torturarono e bruciarono Paula

di Marco Zavagli | 4 min

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Era il 24 marzo del 2008 quando vennero trovati lungo l’argine del Po a Zocca di Ro i resti carbonizzati di Paula Burci. La giovane, che avrebbe compiuto 19 anni di lì a qualche mese, era arrivata in Italia per essere avviata alla prostituzione a Ferrara.

I suoi sfruttatori, Gianina Pistroescu – prostituta rumena già condannata all’ergastolo – e Sergio Benazzo – idraulico di Villadose di Rovigo – la vendettero per pagare un debito di Benazzo. Era il febbraio del 2008. Da quel luogo, la locanda Valmolin nel Rodigino, Paula fuggì per evitare di essere costretta a drogarsi e prostituirsi. Il suo sbaglio fu di cercare rifugio proprio a casa di Benazzo. Poco dopo arrivò un gruppo di uonmini (mai identificati) che, con la collaborazione dei due, la massacrò di botte.

Dopo averle rotto i denti, forse con un martello, presa a calci e pugni, qualcuno la accoltellò, forse con un forcone al petto. Una volta persi i sensi la trasportarono sull’argine del Po e, mentre era ancora viva, le diedero fuoco per cancellare le tracce dello scempio.

La vicenda processuale che ha accompagnato il parziale raggiungimento della verità (parziale perché gli altri assassini sono ancora a piede libero) ha avuto un percorso tanto tortuoso da apparire inverosimile.

Dopo la prima condanna di Pistroescu e Benazzo all’ergastolo pronunciata dal tribunale di Ferrara nel 2012 e la conferma da parte della Corte d’assise d’appello di Bologna nel 2013, la Cassazione nel 2014 annullò entrambe per difetto di competenza. La condotta omicida era iniziata in provincia di Rovigo e a procedere doveva essere quel tribunale. Nel frattempo i due assassini, nonostante i due ergastoli, tornarono in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare.

Intanto il nuovo processo andava avanti e si aggiunsero le condanne all’ergastolo del tribunale di Rovigo nel 2017 e la conferma in appello della Corte di Mestre nel 2018. Ma la sentenza di secondo grado venne di nuovo annullata in Cassazione nel 2020, rinviando nuovamente gli atti alla corte di assise di appello per la sola posizione di Benazzo.

Il nuovo processo di secondo grado doveva confermare la partecipazione di Benazzo attraverso riscontri che confermassero le deposizioni della teste principale, quella Iana Serbanoiu, compagna di cella di Pistroescu, che riferì agli inquirenti le sue confidenze.

La corte di appello di Mestre, nonostante la richiesta di archiviazione da parte del procuratore generale, conferma nel luglio 2020 la responsabilità di Benazzo. E questa volta, ad aprile scorso, la Cassazione rende definitiva la sentenza respingendo il ricorso dell’avvocata difensore Francesca Martinolli.

A confermare quelle dichiarazioni i giudici hanno trovato molti riscontri. Che Benazzo avesse sfruttato Paula BUrci era già pacifico. Lui e Pistroescu lo avevano candidamente ammesso e per questo erano già stati condannati dal tribunale di Ferrara nel 2020. Che Benazzo avesse partecipato all’omicidio lo provano i tentativi di assicurarsi testimonianze di favore dalle persone sentite in fase di indagini, gli indumenti della vittima trovati nella casa di Villadose e nella Bmw che aveva in quel periodo.

Viene poi il rapporto, legato allo sfruttamento della prostituzione, che Benazzo aveva con Rodolfo Zamarco (inizialmente indagato insieme ad ignoti per omicidio e poi archiviato), con il quale era in debito. Debito ‘riscattato’ dalla consegna di Paula.

C’è poi il tentativo di concordare con la complice, all’epoca detenuta in Romania per sfruttamento internazionale della prostituzione, Ci sono i testimoni che ricordano di aver visto Paula lavorare nella locanda di Zamarco e le stesse intercettazioni delle telefonate tra quest’ultimo e Benazzo, che li vedevano entrambi preoccupati “dal possibile coinvolgimento nell’omicidio”.

Alla luce di tutto questo la Cassazione ritiene che la Corte territoriale “ha ritenuto dimostrata la partecipazione alla condotta omicidiaria posta in essere dal gruppo di persone ai danni della Burci, considerato che tale condotta si inserisce perfettamente nella “gestione” della ragazza in accordo con altri soggetti”.

La Cassazione rigetta quindi il ricorso, rende definitiva la sentenza di ergastolo e condanna Benazzo anche al pagamento di 7mila euro per le spese giudiziarie delle parti civili.

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