Politica
1 Giugno 2021
Balboni: “La contrattazione avvenuta su canali istituzionali, personali e diretti per scelta”. Il Pd: “Hera era pronta anche a trattare”

Inceneritore. Nessuno spiega perché la città è stata tenuta all’oscuro

di Marco Zavagli | 5 min

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Ore di dibattito, di vicendevoli accuse, di improvvisate spiegazioni giuridiche e scientifiche ma alla fine alla fatidica domanda nessuno ha risposto.

Per quale ragione per mesi nessuno dell’amministrazione comunale ha detto nulla alla città? Il dibattito sull’aumento di rifiuti speciali da conferire nell’inceneritore di Ferrara arriva in consiglio comunale quando ormai tutto è stato deciso.

E ci arriva attraverso tre documenti. Una mozione del Pd (respinta), che chiedeva il motivo politico di tanto silenzio. Una risoluzione (accolta) del Movimento 5 Stelle, che proponeva un piano di fattibilità per la gestione dei rifiuti in house, e una della maggioranza – anch’essa accolta – che chiedeva a se stessa di ricorrere contro la decisione cui ha dato parere tecnico favorevole.

È Caterina Ferri, tra l’altro assessore all’ambiente nella giunta precedente, ad aprire le danze. La consigliera del Pd va indietro nel tempo di qualche anno. All’accordo del 2013, che “consentiva di mantenere la soglia delle 130mila tonnellate, perché nel tempo la volontà della Regione era quella di arrivare a spegnere questi impianti, specialmente in luoghi come a Ferrara dove la produzione di rifiuti urbani è crollata”. Anche alla luce del fabbisogno locale ridotto “non si capisce per quale motivo ci sia da incrementare i rifiuti speciali provenienti da fuori provincia di 12mila tonnellate l’anno fino al 2036”.

Ma soprattutto: “perché non è stato detto nulla alla città e perché la giunta non si è opposta facendo manifestazioni in strada assieme alle associazioni ambientaliste e ai ferraresi?”.

A Ferri non basta lo “specchietto per le allodole” dell’orientamento politico di giunta “fatto fare la mattina stessa dell’8 aprile (quando c’è stata la decisione definitiva in Conferenza di servizi, ndr) e poi invece dare il parere favorevole che ha impedito al Comune di ricorrere al Tar”.

Il ricorso promesso dal Comune di fronte al Capo dello Stato, infatti, “non produce una sospensiva e ha tempi lunghissimi di risposta”.

“Improvvisamente sono diventati tutti ambientalisti” si guarda intorno Tommaso Mantovani del M5S, che ripropone la richiesta di studio di fattibilità per la gestione in house che “ci è stata bocciata, altrimenti qui continuiamo a incenerire con un impatto mostruoso per la salute dei ferraresi”.

La contraddizione di chi da una parte si fa fotografare mentre pianta alberi o raccoglie plastica e dall’altra aumenta le tonnellate di rifiuti è nelle parole di Anna Ferraresi del Gruppo misto, che bacchetta la giunta per “l’incolmabile lacuna di trasparenza nonostante la mastodontica macchina comunicativa a disposizione”.

Tocca quindi a Federico Soffritti di Fratelli d’Italia, cofirmatario della risoluzione di maggioranza assieme a Francesco Carità di Ferrara Cambia, difendere il Comune “che non può esprimere un parere vincolante in merito all’autorizzazione, rilasciata dagli enti regionali”, mentre “la scelta tecnica è stata operata da un ente regionale creato dal Pd”.

Soffritti ritiene “assurde certe accuse da parte del Pd”, colpevole di aver votato lo Sblocca Italia e l’articolo 35 che autorizza l’incenerimento di rifiuti da altre regioni in situazioni di emergenza.

In realtà in questa partita lo Sblocca Italia non c’entra nulla, tanto che non viene nemmeno richiamato come sostegno normativo nei verbali della Conferenza di Servizi “ed è anche stato bocciato dal Tar del Lazio – fa presente Colaiacovo”.

Soffritti va avanti e vanta per la giunta l’aver ”imposto e ottenuto in Cds la riduzione delle emissioni e l’aumento dei controlli con campionatore in continuo di ultima generazione”. Il testo del verbale della Cds dice però che verranno dimezzati i monitoraggi di base (da 12 settimane a 6 l’anno) e delle campagne intensive (da 16 a 9 settimane) su polveri sottili, diossine e furani e ridotto il numero di campioni.

A difendere quanto fatto di buono o di cattivo dal Pd ci pensa Francesco Colaiacovo, che rivendica l’operato del proprio partito. A partire dal fatto che “un tempo c’era l’enorme discarica di Cà Leona, l’inceneritore obsoleto di via Conchetta e quello vecchio di Via Diana. La discarica venne chiusa, così come Conchetta, mentre l’impianto di Via Diana è stato potenziato e migliorato dal punto di vista tecnico”.

In base all’accordo del 2013 poi “la capacità venne limitata prima a 110mila poi a 130mila” e “sono state installate centraline a Cassana Porotto e Mizzana per i monitoraggi della qualità dell’aria”. Infine “abbiamo attivato il Rab – in realtà mai efficace e presto dimenticato, ndr – per consentire alla comunità locale di controllare l’inceneritore”.

Ma una cosa nuova Colaiacovo la dice: “sappiamo ora che Hera aveva detto al Comune che era disponibile a un altro accordo ma non ha ricevuto risposta, non so se per ignoranza o incapacità, ma un assessore che si comporta così si dovrebbe dimettere”.

Ma proprio dal Pd non vuole accettare alcuna lezione Balboni, che parla di “ipocrisia di certi personaggi” e “memoria corta”, perché “tutta la città ricorda chi quelle scelte le ha fatte”. Se il no della giunta non è stato sufficiente, è solo “colpa del sistema creato dal Pd”. È stato “il Pd – incalza l’assessore – a mettere certi enti nelle condizioni di operare con un grande potere contrattuale nei confronti della città”.

E poi il contrattacco: “vorrei chiedervi perché – sempre Balboni – il Pd a Ferrara non ha mai chiesto un centesimo a Hera perché stava inquinando la nostra città. Non mi riferisco agli oneri di compensazione per i rifiuti urbani. Le mie stime parlano di sette milioni di euro”. E infatti nella risoluzione di maggioranza si invita la giunta a “richiedere il pagamento degli oneri di compensazione ambientali per i rifiuti non urbani termovalorizzati presso l’impianto di Cassana e incomprensibilmente mai richiesti dal 2007 in avanti da parte delle passate amministrazioni”.

“Mi sembra di vedere il bue che dà del cornuto all’asino” ritorna Mantovani, che si confessa “allibito”, lui che contrastò la giunta che “nel 2002 aveva già deciso di triplicare l’inceneritore e non ascoltò la nostra richiesta di referendum che facemmo autogestito. Quell’impianto costò 80 milioni di euro. È impossibile che chiuda, c’è un business favoloso e il Comune ha delle azioni vincolate e non in Hera e un introito di circa 2 milioni di euro l’anno”.

Riprende la parola Ferri per far notare che dopo due ore ancora nessuno aveva risposto alla sua domanda: perché nessuno ha detto nulla alla città?

Ribadendo che “non prendo lezioni di partecipazione dal Pd”, Balboni sostiene che “la procedura di Hera era perfettamente visibile. Che poi la contrattazione, dura e difficile, tra amministrazione ed Hera sia avvenuta su canali istituzionali, personali e diretti questa è stata una scelta”.

Un po’ enigmatico. Forse anche per Ferri, che chiude: “mi auguro che prima o poi una risposta venga data, non tanto a me quanto alla città”.

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