Economia e Lavoro
15 Maggio 2020
Lo scenario scoraggiante delineato dal Centro Studi di Unioncamere. Stimata una perdita di fatturato di 1427 milioni

Il 41% delle imprese ferraresi è in crisi a causa dell’emergenza Covid-19

di Elisa Fornasini | 4 min

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Quali sono gli impatti del coronavirus sull’economia ferrarese? La domanda ha tenuto banco all’Osservatorio Economia ma i numeri emersi sono scoraggianti. Si stima una perdita di fatturato di 1427 milioni di euro con una perdita media di 48mila euro per impresa. Quasi un miliardo e mezzo spazzato via dall’emergenza sanitaria, con cali più drastici nel commercio (-444 milioni), manifatturiero (-366 milioni), alloggio e ristorazione (-169 milioni) e servizi alle imprese (-129 milioni).

Secondo le previsioni, il 41,6% delle imprese ferraresi avrà grosse difficoltà e per stare a galla necessiterà di una liquidità aggiuntiva stimata in 179 milioni, pari al 5,3% del fatturato, con una media di richiesta di 14mila euro per impresa in deficit. Un fabbisogno che intesserà soprattutto il settore del turismo, che nel 2019 a Ferrara valeva il 16% del valore aggiunto provinciale mentre oggi in Emilia-Romagna si prevede una flessione delle presenze turistiche superiore al 50%.

È lo scenario sconfortante delineato dal Centro Studi di Unioncamere Emilia-Romagna e presentato in videoconferenza dal direttore Guido Caselli che a livello locale prevede un calo del 9,7% del Pil, del 9% dell’export e dell’1,8% dell’occupazione che equivale a 2729 occupati in meno: il tasso di disoccupazione schizzerebbe così al 10,5% (rispetto all’8,7% del 2019).

La crisi colpisce più duramente il settore alloggio e ristorazione (-35,7% del valore aggiunto), logistica (-23,2%), servizi alle persone (-13,4%) e il commercio non alimentare (-15,4%); reggono meglio l’urto il manifatturiero alimentare (-0,4 %) e l’agricoltura (-3,8%). L’unico a salire è il valore aggiunto del commercio alimentare (+1,3%).

Ma quante sono le aziende che rischiano davvero di chiudere i battenti? È ancora presto per dirlo: a marzo 2020 si contano 488 imprese in meno rispetto a marzo 2019 (in linea con l’anno precedente quando erano -467) ma gli effetti ‘mortali’ del lockdown in questo senso inizieranno a vedersi da giugno.

Stesso discorso per la cassa integrazione in deroga (i dati più aggiornati vengono dalla Regione e vedono autorizzate a Ferrara il 93,7% delle domande, pari a 2233 unità produttive e 5775 lavoratori per 1.691.120 ore). Senza gli ammortizzatori sociali, almeno il 50% delle aziende sarebbe in crisi.

Allargando lo sguardo, a Ferrara 6161 persone hanno ottenuto il reddito di cittadinanza (per un importo medio mensile di 463 euro) e 565 la pensione di cittadinanza (media di 211 euro al mese). L’indennità dei 600 euro è stata invece erogata a 311.476 emiliano romagnoli, pari al 7% della popolazione.

“L’economia mondiale è entrata in una fase di recessione – analizza Caselli -: il Pil mondiale dovrebbe calare del 3% nel 2020, andrà peggio l’area euro con calo del 7% e peggio ancora l’Italia con calo del 9,1%. Per dare un’idea è come se togliessimo dall’Italia tutta l’Emilia Romagna. In Europa peggio di noi fa solo la Grecia, ma non è una novità: è come se l’Italia si stesse muovendo in bianco nero in un mondo che sta correndo a colori, ma dovrebbe andare meglio l’anno prossimo con crescita dell’Italia del 4%”.

In questo contesto, l’andamento di Ferrara dovrebbe essere analogo a quello dell’Italia e della Regione per quanto riguarda il calo del Pil (rispettivamente -9,1% e 9,8%) ma non per le imprese in deficit, “la cui percentuale è più alta di quella regionale perché Ferrara viene da anni difficili e da bilanci già compromessi da situazioni pre-esistenti”.

Insomma, “il coronavirus ha reso più evidenti e irreversibili dinamiche già in atto e si sta avvertendo sempre di più un senso di precarietà che c’era anche prima dell’emergenza” commenta il direttore del Centro Studi Unioncamere che invita a “non cercare la luce in fondo al tunnel ma ad arredare il tunnel, ovvero essere pronti al cambiamento, verso un mondo che non è ancora inventato ma va verso la fusione tra mondo fisico e digitale e verso la deglobalizzazione. Non sappiamo come sarà Ferrara nei prossimi anni ma sicuramente sarà diversa, non necessariamente peggiore“.

Pronta a un “monitoraggio continuo per valutare l’impatto dei contributi regionali e nazionali sull’economia”, la Camera di Commercio raccoglie le indicazioni sulla ripartenza, “un termine non completamente adatto a descrivere la situazione perché in molti casi non si tratta solo di ripartire ma di reinventarsi e riorganizzare profondamente le attività” avverte il presidente Paolo Govoni.

Nel frattempo l’ente in Largo Castello ha rilasciato 200 certificati per l’export, depositato 9 brevetti di valenza internazionale e con il supporto delle associazioni di categoria ha rilasciato oltre 6mila firme digitali in tempi brevi, oltre a cambiare i codici Ateco delle imprese che ne hanno fatto richiesta per adattarsi alle normative. “C’è voglia di ripartire, ma le imprese devono essere messe nelle condizioni di farlo attraverso liquidità e chiarezza normativa” è l’ultimo appello di Govoni, soddisfatto che “su tantissimi controlli effettuati, ad oggi non sia stata elevata alcuna sanzione a dimostrazione della correttezza delle nostre imprese”.

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