Cronaca
22 Gennaio 2020
Spedizione fermata alla dogana di Genova, rinvio a giudizio per il delegato ambientale

A processo per traffico di rifiuti da Copparo al Pakistan

di Elisa Fornasini | 3 min

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Un traffico transnazionale di rifiuti pericolosi, trasportati da un’azienda di Copparo verso il porto di Genova per la spedizione illecita in Pakistan. È il reato di cui dovrà rispondere Roberto Marchi, delegato ambientale dell’azienda Zoffoli Metalli di Tamara, nelle immediate periferie di Copparo, a processo per traffico illecito di rifiuti pericolosi, attività di gestione di rifiuti non autorizzata e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Nel mirino della guardia di finanza di Genova sono finiti undici container con un carico complessivo da 254 chili, inviati al porto ligure per l’imbarco con destinazione Pakistan tra marzo e maggio 2016. Una spedizione considerata illegale dagli inquirenti, che hanno contestato la spedizione non conforme per la qualificazione di pericolosità di alcuni rifiuti, la cui importazione ottenuta con presunte false dichiarazioni è vietata dal Paese di destinazione.

I container – al tempo bloccati e sequestrati dalla polizia delle dogane (attualmente ne è rimasto solo uno sotto sequestro, gli altri sono stati liberati e buona parte dei rifiuti già smaltiti) – contenevano rifiuti pericolosi (quali rottami di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rottami di compressori e motori non bonificati, cavi elettrici contaminati con sostanze pericolose, accumulatori al piombo) e non pericolosi (Raee non pericolosi, cavi elettrici non contaminati da sostanze pericolose).

Il giudice Carlo Negri, che ha seguito l’udienza preliminare, in base alla notizia di reato della guardia di finanza di Voltri e Ferrara e alla relazione Arpae di giugno 2019, ha rinviato a giudizio il 57enne Marchi in qualità di procuratore speciale della Zoffoli, difeso dall’avvocato Alessandro Sintucci del Foro di Forlì, e l’azienda copparese, costituita in giudizio con l’avvocato Ilaria Abbondanza sempre del Foro di Forlì.

L’udienza filtro di fronte al giudice Sandra Lepore è stata rinviata al 12 maggio. Ma intanto emergono nuovi elementi sulla vicenda, in particolare sulle dichiarazioni del produttore ritenute false dagli inquirenti poiché riportanti fatti considerati non veri riguardanti il carico. Un container che aveva un carico dichiarato di 17,9 chili di rottami di cavi, conteneva invece 12 chili di cavi Telecom e 2,9 chili di cavi in rame Enel, considerati pericolosi in quanto impregnati di olio e altre sostanze pericolose quali carta catramata e olio per isolamento.

Un secondo container per un carico dichiarato di 26,9 chili di rottami di metalli non ferrosi, avrebbe contenuto invece 11,2 chili di cavi di rame e alluminio non pericolosi e 15,6 chili di compressori d’aria usati, di cui alcuni non bonificati, con relativo sversamento di olio.

Un lotto di otto container doveva trasportare 212 chili di rottami di metalli misti alla rinfusa destinati al recupero in Pakistan. Gli inquirenti hanno però contestato la presenza anche di rifiuti Raee, parti di motori a scoppio, accumulatori al piombo, compressori, cavi elettrici con un codice unico.

La tesi difensiva, che nel primo procedimento ha fatto cadere l’accusa di ricettazione per i cavi elettrici, si concentrerà sulle controanalisi che attesterebbero la non pericolosità dei rifiuti trasportati.

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