Cronaca
9 Gennaio 2020
Le due donne sono accusate di aver detto il falso a processo, per la Ruszena c'è anche l'accusa di ricettazione

Omicidio Tartari. Chiesto il rinvio a giudizio per ‘mamma Rosy’ e ‘zia Agata’

di Daniele Oppo | 2 min

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La procura ha chiesto che Ruszena Sivakova e Agata Farkasova vengano rinviate a giudizio per le false testimonianze rese durante il processo per l’omicidio di Pierluigi Tartari.

Si tratta di ‘mamma Rosy’ e ‘zia Agata’, rispettivamente madre e zia di Patrik Ruszo, uno dei tre assassini di Tartari, condannato in via definitiva all’ergastolo insieme a Constantin Fiti (che si è suicidato poco tempo fa in carcere), mentre il capo banda Ivan Pajdek aveva preso trent’anni in abbreviato.

Per la procura estense ‘mamma Rosy’ ha detto il falso a processo dicendo di non ricordare di aver sentito né visto nulla il giorno in cui Tartari, che abitava a pochi passa dall’abitazione in cui lei lavorava come badante, veniva rapinato in casa. Peccato che alla sua datrice di lavoro raccontò ben altro, ovvero di aver sentito Tartari gridare “lasciatemi in pace, cosa volete da me?” e “non ho niente!”. Poi con Pajdek si informò anche su cosa avessero rubato. Inoltre dichiarò di non ricordare di come la Farkasova le chiese del coinvolgimento del figlio nella rapina e nell’omicidio, quando invece fu probabilmente il primo momento in cui venne a conoscenza proprio del suo coinvolgimento e discusse della necessità di farlo espatriare per evitarne la cattura e il carcere.

Sivakova è inoltre accusata anche di ricettazione per aver conservato un televisore rubato dalla stessa banda Pajdek alla casa di cura Salus.

Per Frakasova l’accusa di falsa testimonianza è derivata dal fatto a processo ha dichiarato di non sapere nulla del coinvolgimento di Ruszo, mentre sentita dalla Squadra Mobile nell’ottobre 2015 aveva ammesso di aver incontrato il nipote in stazione in occasione della partenza di una sua nipote, parlando con lui della scomparsa improvvisa di “Huber” (l’alias di Pajdek, ndr) e lo stesso Ruszo le confidò tutto prima di salire anche lui sul treno per sfuggire all’arresto.

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