Cronaca
19 Dicembre 2019
La testimonianza di Dobrev Stanev: "Gli ho solo fatto credere di voler compiere l'omicidio". La vittima: "Sentenza non riserverà sorprese, confido nella Corte Costituzionale"

“Fissato con l’uccidere Lucia Panigalli”, parla il detenuto pagato da Fabbri

di Elisa Fornasini | 3 min

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“Era sempre deciso e determinato a ucciderla. Aveva cercato anche altri detenuti disponibili a farlo, so che aveva avvicinato un tunisino per questo. Non aveva mai avuto ripensamenti, era proprio fissato….”. Non è una testimonianza shock quella fornita da Dobrev Stanyo Radev, 48enne di nazionalità bulgara a processo per tentato omicidio in concorso, che ha confermato l’intento omicida dell’allora compagno di cella Mauro Fabbri nei confronti della ex compagna Lucia Panigalli.

Sentito in aula A, davanti al presidente del collegio Vartan Giacomelli, il sicario mancato racconta la sua versione dell’accordo che ha portato il figlio a ricevere 25mila euro, un’auto e un trattore per trovare un complice che potesse uccidere la donna.

Un vero e proprio mandato omicidiario che non viene considerato come reato nei confronti di Fabbri perché l’intenzione di ammazzare la sua ex convivente non è stata concretizzata. E non l’avrebbe portata a termine lo stesso Dobrev.

Non avevo alcuna intenzione di compiere l’omicidio – premette l’imputato all’inizio dell’interrogatorio durato oltre un’ora e mezza -. Sì, i soldi li ho presi per mia scelta personale, ma non volevo truffarlo. Pensavo di raccogliere prove per i carabinieri e che andando avanti così sarebbe arrivato il permesso premio“. E allora perché nell’avviso di garanzia ha riferito che i 25mila euro sarebbero stati un prestito? “Non li ho collegati all’omicidio perché mi sono spaventato“.

La pm Barbara Cavallo mette in luce altri punti di contraddizione nel racconto di Dobrev, dalle intercettazioni con il cognato al bisogno di informare i familiari del piano omicida di Fabbri fino alla figura del figlio che ha raccolto informazioni sulla Panigalli. “Non ho organizzato nessun sopralluogo, mio figlio ha trovato notizie su internet per far credere a Fabbri che ci fossero persone esterne disponibili – ribatte l’imputato – e infatti non ha capito che fossi io a fare le dichiarazioni, altrimenti avrei avuto un sacco di problemi”.

La ‘copertura’ non è saltata ma Dobrev si dice a conoscenza dell’attività di indagine svolta dall’Arma, “ero quasi sicuro anche delle intercettazioni perché mi facevano chiamare più spesso la famiglia”. Incalzato dalle domande degli avvocati Eugenio Gallerani e Giacomo Forlani che assistono la signora Panigalli, il killer mancato assicura che Fabbri quando ha scoperto dal suo avvocato l’ingiunzione di pagamento per la causa civile, “era ancora più determinato nell’uccidere in fretta la signora” prima che arrivasse il precetto di pagamento.

Una fretta che sarebbe legata non solo ai soldi – “se spendo 50mila euro è comunque meno del risarcimento dei danni che le devo” è il discorso fatto al compagno di carcere – ma anche, a detta dell’imputato difeso dall’avvocato Gianluigi Biondi, a “motivi di vendetta, di gelosia“.

Chiusa l’istruttoria dibattimentale, la discussione è rinviata al 25 marzo. Ma Lucia Panigalli è già sicura che sarà “una sentenza che non riserverà nessuna sorpresa“.

“Non ho nessuna speranza per questo processo, anzi era meglio spendere i soldi in beneficenza, ma sono in fiduciosa attesa della Corte Costituzionale per cui nutro grandi aspettative” confessa la vittima, che da tempo dà battaglia per modificare l’articolo 115 del codice penale, quello che ha permesso all’ex compagno di essere assolto dall’accusa di tentato omicidio perché non si può essere condannati per le intenzioni, se il reato non è stato commesso.

Intanto continua vivere sotto vigilanza ad orari concordati. “È come essere ai domiciliari, non posso uscire senza avvisare i carabinieri” racconta Panigalli al termine dell’udienza. E che invoca una “parola magica che manca a questo Paese: il buonsenso”.

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