Spettacoli
14 Dicembre 2019
La stagione del teatro comunale di Occhiobello si è aperto con lo spettacolo di Marco Baliani, capostipite del teatro di narrazione

Kohlhaas: l’ingiustizia che strappa il cerchio del mondo

di Redazione | 2 min

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Un tema antico, tragico nella tradizione e nella forma: la giustizia e il senso di giustizia. È attorno a questo nucleo che ruota lo spettacolo “Kohlhaas” di Marco Baliani e Remo Rostagno, con la regia di Maria Maglietta, ormai un ‘classico contemporaneo’, capostipite del teatro di narrazione, che ha aperto venerdì sera la stagione del teatro comunale di Occhiobello.

Trent’anni e non sentirli: lo spettacolo, infatti, “risale ufficialmente al 1989”, “non si era mai visto un attore da solo che sta seduto per un’ora e mezza a raccontare una storia”, ha raccontato Baliani nell’incontro con il pubblico dopo lo spettacolo, “questa è la replica 1082, le conto una per una”.

Eppure lo spettacolo non diminuisce di vitalità, freschezza, attualità.  Merito del contenuto: la riflessione sulla questione della giustizia e sulle conseguenze morali che la reazione dell’individuo all’ingiustizia può comportare, ma anche sulle conseguenze che travalicano le intenzioni. Cos’è la giustizia, cos’è la vendetta, e fino a che punto in nome della giustizia si può diventare giustizieri? Sono domande morali che rimangono sospese, perché l’interessante, come spiega ancora Baliani, sono le pieghe e i colori del “conflitto”.

E merito della forma: un ritorno all’oralità che toglie, che va al cuore di un’esperienza con pochi tratti lasciando molto in ombra, molto ancora da compiersi, lasciando che sia l’immaginazione lo strumento principale della conoscenza da parte dello spettatore. Baliani entra sul palco vuoto e prima di sedersi cerca quello sguardo che in ogni spettatore creerà le immagini evocate, ma è attraverso l’ascolto che scatta quella connessione che recupera il carattere di rito comunitario – sia esso pubblico o familiare – del teatro come esperienza sociale.

Solo sulla scena, seduto su di una sedia di legno semplicissima, vestito di nero e con una sola luce puntata addosso Baliani dona vita, carne e ossa alla vicenda del mercante di cavalli brandeburghese vittima di un gesto arbitrario di puro potere, che crea una ferita e poi uno strappo nel cerchio del suo cuore. Ma Kohlhaas non è uomo nato per la vendetta o il sangue e grazie a un eremita riscopre la bontà che ancora palpita nel suo cuore. Desideroso di una giustizia che non lo premia per il suo pentimento, morirà sulla forca, perché quel cerchio che era armonia ormai si è mutato in ossessione, stringendosi come un cappio al suo collo.

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