Vigarano
13 Novembre 2019
Il 12 novembre del 2003 morirono 19 italiani nell'attentato. Il maresciallo Bozzo: "Se ci fosse un aereo, partirei immediatamente per l'Iraq"

Vigarano ricorda Nassirya, i due reduci: “Non chiamateci eroi”

di Redazione | 4 min

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Vigarano Mainarda. “La guerra non è un qualcosa che viene da fuori, ma cresce dentro di noi ogni giorno. Sta a noi tendere la mano verso il prossimo, trasformando i sentimenti negativi e nutrendo quelli positivi, in modo tale da dare un senso a coloro che sono morti nel tentativo di trasmettere valori civili e democratici, come la pace e la tolleranza”.

A distanza di sedici anni da quell’attentato terroristico, che il 12 novembre 2003 uccise dodici carabinieri, cinque militari e due civili italiani a Nassirya, anche Vigarano Mainarda, attraverso le parole del sindaco Barbara Paron, ha voluto omaggiare la memoria e il ricordo dei caduti in missione, ospitando le testimonianze di due sopravvissuti alla strage in Iraq.

Rocco Bozzo e Marco Pinna infatti, rispettivamente maresciallo e vice brigadiere dell’Arma impegnati nell’operazione di peacekeeping Antica Babilonia, nel corso della mattinata di celebrazioni, grazie al lavoro organizzativo dei Postini della Pace, hanno incontrato la classe 2^B della scuola secondaria di primo grado di Vigarano Mainarda, sottoponendosi alle domande e alle curiosità dei ragazzi.

Un momento di grande umanità e riflessione, che si è aperto con il corteo, la benedizione – impartita da don Raffaele Benini – e la deposizione di una corona davanti al cippo posto all’interno del parco comunale intitolato proprio a chi perse la vita nella tragedia, alla presenza sia delle massime cariche istituzionali che militari, tra cui il vicesindaco di Ferrara Nicola Lodi, il viceprefetto Pinuccia Niglio e i rappresentanti dei corpi di aeronautica militare, esercito e carabinieri, insieme alle crocerossine.

Successivamente, prima del faccia a faccia con i due soldati in congedo, gli studenti hanno poi potuto assistere alla proiezione di un filmato di grande spessore emotivo, realizzato con le numerose fotografie inedite scattate dai reduci nel corso della loro esperienza all’estero, dal giorno della partenza da Pisa al soggiorno temporaneo a Kuwait City e all’arrivo a Nassirya, passando per frammenti che ritraevano momenti di vita quotidiana irachena, le diverse attività svolte dai nostri soldati all’esterno, oltre che gli attimi appena successivi allo scoppio dell’autocisterna kamikaze alla base Maestrale.

“Per noi – ha raccontato il maresciallo Bozzo – si è trattata di una missione davvero molto particolare, ma chi parte sa che è così. Eravamo la classica stazione dei carabinieri in mezzo al paese, seppur con poche difese idonee al contesto. Nonostante questo, abbiamo sempre fatto il nostro mestiere in mezzo alla gente, che ha imparato a conoscerci e ad apprezzarci perché abbiamo cercato di riportare la normalità”.

Il racconto è poi proseguito: “Come tutti gli uomini abbiamo avuto tanta paura, ma non siamo degli eroi. Siamo solo persone che hanno fatto il loro lavoro, come lo hanno fatto altri, con l’unica differenza che a noi ci hanno fatto l’attentato. A questo proposito, due giorni prima c’era arrivata voce di questo pericolo imminente ma, una volta trasmesso il messaggio a chi di dovere, nessuno fece nulla per aumentare il nostro livello di sicurezza. Purtroppo è successo quello che è successo”.

A raccontare gli istanti precedenti e successivi allo scoppio ci ha pensato Pinna, rimasto ferito poiché in quel momento si trovava a ben dodici metri dalla zona dell’esplosione: “Dentro l’attentato non c’è tempo per ragionare, succede tutto in frazioni di secondo. Ero dentro alla base e stavo scaricando le ultime foto da portare in Italia, dato che il giorno dopo saremmo ritornati a casa. Sentii tutto d’un tratto una raffica veloce di kalashnikov, gridai ai miei compagni vicini di buttarsi a terra e subito dopo arrivò il fuoco di risposta da parte del corpo di guardia, che si immolò per fermare il camion-bomba”.

“L’esplosione – ha aggiunto il testimone – mi fece sbalzare sul soffitto, che crollò e mi bloccò. L’adrenalina però fu talmente tanta che riuscii a liberarmi e mettere in sicurezza anche tre dei miei compagni. Mi ricordo che mi feci dare una pistola, da utilizzare nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno, in attesa dei primi soccorsi che arrivarono proprio da parte degli iracheni. Chi era vicino a me, oggi non c’è più. Sono momenti in cui ti passa tutta la vita davanti e per cui ringrazi ogni giorno di essere vivo”.

Di quei secondi fatali, Bozzo ha un ricordo totalmente diverso da quello del suo collega, trovandosi a cento metri dallo scoppio: “Mi investì solamente l’onda d’urto e mi colpì un pezzo di motore, perché ero più lontano dal luogo della sciagura. Il mio primo pensiero andò alla sua famiglia (indica Pinna, ndr) perché non sapevo se fosse vivo o meno e poco dopo ebbi il difficile compito di ricomporre i resti di tutti coloro che non ce l’avevano fatta, tant’è che questa fu una di quelle cose che rimasero maggiormente indelebili nel mio cuore e nella mia mente”.

“Un trauma – ha concluso il maresciallo – che ho superato solamente grazie a chi mi è stato vicino. Mi ci è voluto davvero parecchio tempo per poter tornare alla normalità. Sono situazioni con cui ci devi convivere. Te ne fai una ragione, senza poterli dimenticare. Se ci fosse un aereo qui fuori però, a distanza di anni, partirei immediatamente ancora una volta per l’Iraq”.

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