Cento
7 Luglio 2019
La 22enne palestinese ha perso la gamba in un incidente. La intervistiamo a Cento: "Dopo il Kilimangiaro ho voluto spingermi oltre"

Il sogno di Yasmeen: una nuova protesi per scalare l’Everest

di Redazione | 4 min

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Cento. Scalare l’Everest è il sogno di Yasmeen Al Najjar, ospite d’onore in piazza Guercino, che ci ha raccontato la sua storia a margine del concerto della Banda Rulli Frulli, offerto alla città di Cento  dall’Elektrosistem per i suoi 40 anni di attività, in collaborazione con Rotary Distretto 2072, con uno scopo altamente benefico.

Yasmeen, 22 anni, palestinese, e con una passione per l’alpinismo, a soli 17 anni ha scalato il Kilimangiaro: ma la “vera montagna” che si ritrova a scalare ogni giorno sono le cure mediche che le sono state negate nel suo Paese, a causa del conflitto israelo-palestinese.

Cure mediche fondamentali per la sua salute, perché a soli 3 anni Yasmeen è stata travolta da un camion a Burin, nel suo villaggio d’origine, e le è stata amputata la gamba fin sopra al ginocchio. Ma questo non le ha impedito di vivere e di scalare, ma soprattutto di sognare in grande: perché la prossima vetta sarà l’Everest, ma per farlo deve cambiare la protesi, che giorno dopo giorno le rende sempre più difficile il movimento. Ci ha raccontato il suo sogno: che come tutti i grandi sogni, e come tutte le grandi scalate, è iniziato un passo alla volta.

Com’è iniziato e quando il tuo amore per l’alpinismo?

“Casa mia, Burin, il villaggio in cui vivo in Palestina, è circondata dalle montagne. Non c’è stato un momento preciso in cui è iniziato, semplicemente guardavo quelle vette e sentivo che mi chiamavano, che m’infondevano pace e sollievo: non ho mai potuto raggiungerne la cima a causa dei conflitti in corso. Erano un avamposto dei coloni, e ogni volta che tentavo di salire mio padre mi richiamava sempre indietro. Iniziai a guardarle con tristezza, fino a che non ho deciso di sognare più in grande: se non potevo scalare le vette di casa mia, sarei uscita dalla Palestina e avrei scalato le vette del resto del mondo”.

Quanto spesso fai pratica?

“Il Kilimangiaro ha richiesto un anno di pratica, dai 16 ai 17 anni, ma è stata la prima vetta che ho scalato. Prima d’allora non l’avevo mai fatto, e mi sono allenata principalmente sulle vette di Burin, quando possibile, unita alla preparazione atletica in palestra, principalmente sul tapis roulant”.

E com’è stata la tua esperienza sul Kilimangiaro? Quanto ci hai messo per scalarlo, e cos’hai provato una volta che sei arrivata in cima?

“È stato semplicemente magnifico. La scalata ha richiesto otto giorni, sei per salire e per raggiungere la cima, e due per scendere. Ci sono stati momenti difficili durante la scalata: la temperatura, all’inizio della scalata, era di 45 gradi, e raggiunta la vetta era 22 gradi sotto lo zero, e anche l’ambiente ha reso tutto più arduo. Con una protesi, è stata una vera sfida per me. Quando ce l’ho fatta, è stato difficile esprimere quello che sentivo: non sapevo se piangere o se gridare, ed è stato un miscuglio di emozioni che ho processato in un secondo momento”.

Consigli l’alpinismo e la scalata come un modo per migliorare la sicurezza in se stessi? Ti ha cambiato in meglio la vita?

“Assolutamente sì. La montagna ti insegna tante lezioni: ti insegna ad avere passione, coraggio, costanza, determinazione, forza, a connetterti con altre persone, con cui trascorri l’intera giornata e con cui condividi anche momenti difficili. Non è una cosa che chiunque possa fare, e proprio per questo diventa un traguardo, una cosa di cui essere fieri, una cosa che ci migliora. Le persone prima di una scalata non sono le stesse dopo. E una volta che inizi, devi andare avanti fino in fondo”.

L’Everest è il sogno di ogni alpinista e sarà la tua prossima tappa. Hai in programma altre vette dopo questa?

“Non mi piace “contare” le montagne. Non sono un numero, ma sono natura, emozione, passione. Devi sentire la montagna, viverla, sognarla. Dopo il Kilimangiaro ho voluto sognare più in grande, spingermi oltre. Non so quale sarà la prossima tappa, dopo l’Everest, ma lascerò guidarmi dalle mie sensazioni, come è successa questa volta”.

Qual è il messaggio che vuoi lasciare a chi ti ascolta?

“Scalare è il mio modo per far sapere al mondo della situazione attuale della Palestina, quello che sta succedendo, dai check-point agli avamposti. Non sono una politica, non credo nella politica, sono solo una ragazza palestinese che vuole raccontare una storia reale. Credete in voi stessi. Se ve lo sentite, potete farcela. Non ci vuole coraggio solo per scalare montagne, ci vuole coraggio anche per cambiare il mondo. Assecondate la libertà che sentite dentro di voi, esprimetela, senza paura e senza vergogna: vivetela com’è e siate sempre pronti a varcare i vostri limiti”.

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