Quando un uomo con la pistola incontra Amélie Nothomb con la penna, quello con la pistola è un uomo morto. Perché “niente ha il potere di uccidere come le parole” spiega la scrittrice francofona di fama internazionale, ospite d’eccezione a Ferrara per presentare il suo ultimo romanzo “I nomi epiceni” di fronte a una platea di studenti che ha stipato il salone d’onore della Pinacoteca, suscitando un po’ di malumore nei tanti interessati rimasti fuori a causa del tutto esaurito.
“Non mi sono mai trovata in tutta la vita in un posto così bello” esordisce la leggendaria Amélie con l’immancabile cappello a cilindro che, insieme al record di vendite (oltre 20 milioni i suoi libri venduti nel mondo) ha contribuito a crearne il mito. “Allora questo luogo è alla tua altezza” fa eco Isabella Mattazzi, docente di letteratura francese a Unife e traduttrice dei suoi bestseller.
“Ho la migliore traduttrice italiana del mondo – sorride Nothomb -, credo che sia Isabella la vera autrice: io scrivo la bozza e lei crea il capolavoro… è meglio leggerli in italiano che in francese”.
Tradurre i romanzi – ventisette quelli scritti da questa autrice-icona che pubblica un libro all’anno – è un lavoro complesso e “spesso porta a risultati discutibili – racconta la scrittrice – come in Corea, dove hanno cambiato la frase ‘non tutte le giapponesi sono belle’ in ‘nessuna giapponese è bella’, sono stata discreta come sempre ma non credo che a loro abbia fatto piacere”.
L’incontro su Nothomb a tutto tondo – che dimostra tutto il suo sense of humor quando dice che “la sola che faccio meglio di scrivere è bere champagne, sono una vecchia alcolizzata belga” – parte dal titolo della sua ultima opera.
Cosa sono i noms épicènes? “Sono i nomi che non hanno una identificazione di genere: in Italia ce ne sono pochi mentre in Francia sono tantissimi e sono estremamente ambigui. I protagonisti del libro giocano molto su questa ambiguità in una sorta di meccanismo di smascheramento ottico in cui nessuno dei personaggi riesce a vedere bene gli altri. Ma vedere equivale ad amare”.
Il “non amore” è un filone molto forte della trama: la protagonista è la piccola Epicène, cresciuta “non vista e quindi non amata” dal padre Claude, totalmente anafettivo, tanto che la bambina “fatica a riconoscersi in quanto donna e matura un senso di vendetta nei confronti della figura genitoriale”. “Il romanzo della vendetta“, lo hanno battezzato, così come il precedente “Colpisci il tuo cuore” è considerato il romanzo della gelosia in cui Diane cresce senza l’amore della madre, si sente in colpa e continua a rincorrere il suo amore.
La “vera vittima” è però la moglie Dominique che non vede la mostruosità di Claude, capita subito dalla figlia. “D’altronde i bambini sono intelligentissimi – commenta Amélie -: ricordo benissimo i pensieri forti e potenti della mia infanzia ed è così anche oggi. Ricevo tante lettere dai lettori, quelle scritte a 12 anni sono pazzesche, poi a 17 inizia la discesa”.
La potenza del linguaggio – “tutti ci siamo trovati nella situazione di essere uccisi da una parola” – non basta a salvare i personaggi ma è utile per “giocare con l’intertestualità, disseminando nel testo richiami non detti ad altri testi” e ad altri temi, come l'”egoismo profondo che va al di là del bene e del male o l’ossessione della scalata sociale”.
È la crudeltà il filo conduttore dei suoi libri che non hanno mai un lieto fine? “Una domanda magnifica: sono una scrittrice sia francese che giapponese quindi do ai miei personaggi la possibilità di cavarsela attraverso l’esprit, ma ciò finisce sempre con un fallimento. Alcuni miei personaggi sono completamente immorali ma non bisogna fare confusione tra letteratura, filosofia e morale: la letteratura non è l’arte del bene e non deve dare nessun insegnamento di vita” replica Nothomb a una studentessa del liceo Ariosto che insieme ai compagni di classe sta studiando i suoi testi a lezione. “È terribile e molto impressionante – scherza l’autrice -, spero che non mi odiate troppo quando divento materia di esame”.
Gli studenti ridono e si mettono in coda per farsi autografare il libro preferito o scattare una foto ricordo. “Questa è la nostra idea quotidiana di cultura – interviene il vicesindaco Massimo Maisto -. Il Comune ha lavorato bene e velocemente con Università e Pinacoteca per organizzare questo incontro, perché crediamo tanto nella città universitaria e nell’eredità degli Estensi. A nome di tutta la città do il benvenuto ad Amélie e spero che abbia la possibilità di visitare la nostra bellissima città”.
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