Eventi e cultura
29 Dicembre 2018
Il Teatro Comunale Claudio Abbado chiude il 2018 con il trasformista famoso in tutto il mondo

Arturo Brachetti incanta Ferrara con il suo “Solo”

di Redazione | 3 min

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(foto di Paolo Ranzani)

di Federica Pezzoli

È tornato a Ferrara dopo 31 anni e venerdì sera ha riempito platea e palchi del Teatro Comunale Claudio Abbado, gremito da un pubblico di ogni età, accorso al solo scopo di farsi stupire: è Arturo Brachetti, uno dei pochi artisti italiani di livello internazionale, che ha portato nella città estense il suo nuovo one man show, “Solo”, dove i sogni diventano reali e le illusioni verità.

In questo suo nuovo lavoro Brachetti accompagna lo spettatore in un magico mondo di ricordi e fantasie, materializzando personaggi, raccontando la vita e i sogni, in fondo, un po’ di tutti noi. Il fil rouge è una piccola casa dei ricordi, un mondo sospeso tra passato e presente: attraverso una webcam ne scopriamo a uno a uno i vari ambienti e a ognuno è collegato un aneddoto del piccolo Arturo e della sua voglia di magia sin da principio.

La tv in salotto è lo spunto per impersonare eroi dei telefilm di ieri e di oggi, dall’Hulk televisivo degli anni Settanta al dottor Spock di “Star Trek”, alla “Signora in giallo”, fino ai bagnini palestrati di “Baywatch” e ai nuovi protagonisti delle serie su web come “Breacking bad”. Basta un cappello, regalatogli dal nonno tanti anni prima e ritrovato in soffitta, con un buco “da riempire con la fantasia” e Brachetti si trasforma in 25 personaggi diversi, da Arlecchino a Capitan Uncino. La stanza dei giochi diventa il pretesto per animare personaggi delle favole, più o meno tradizionali: da Biancaneve e Cenerentola – politically incorrect – alle principesse di Frozen, fino all’orco Shrek. Lo scorrere del tempo è l’occasione per trasformarsi nelle quattro stagioni, con citazioni di Magritte, Monet e Van Gogh e sottofondo musicale di Vivaldi insieme a prodigiosi trucchi di magia.

Sì, perché in “Solo” Brachetti non porta in scena solo 60 nuovi personaggi, ma unisce al trasformismo, l’arte per la quale è stato inserito nel guiness dei primati come il più prolifico e veloce trasformista al mondo, altri suoi cavalli di battaglia: la chapeaugrahie, grazie alla quale un cappello è appunto fonte inesauribile di personaggi, e le suggestive e divertenti ombre cinesi. E poi si mette alla prova in nuovi campi, come la sand painting, con i suoi disegni che si formano e si trasformano mentre l’immaginazione vaga senza limiti.

Oltre all’illusione e alla magia, c’è spazio per la poesia: dolcissima la scena dove l’eterno Peter Pan invita a danzare il vestito a fiori cucito dalla sua mamma. E c’è spazio anche per la tecnologia, con luci, videomapping e raggi laser.

“Solo” è davvero uno spettacolo per tutti, pensa ai bambini e al bambino che è in ognuno di noi, con un pizzico di ironia e irresistibile cattiveria. Brachetti, insomma, per tutti i 90 minuti incanta e sbalordisce non solo per le sue innegabili doti nel quick change, ma anche per il suo ecclettismo camaleontico e per la sua maestria nel confezionare uno spettacolo capace di creare un intero mondo. In realtà, infatti, “Solo” non è un as-solo, ma una macchina scenica perfettamente congegnata e diretta, nella quale Brachetti e la sua squadra si coordinano alla perfezione e solo grazie a questo attento lavoro, studiato in ogni dettaglio dietro alle quinte e sulla scena, l’illusione riesce e il pubblico viene rapito dalla meraviglia.

Lo stupore è intatto e fino al gran finale la domanda è sempre la stessa: ma come fa? Forse il segreto è lasciarsi trasportare da questo moderno Peter Pan e riuscire a sognare e a volare con l’immaginazione.

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