di Federica Pezzoli
Copparo. Non è rimasto nemmeno un posto in piedi venerdì sera, 23 novembre, al teatro comunale De Micheli di Copparo che ha inaugurato la sua stagione di prosa con due grandi nomi del cabaret italiano: Ale e Franz con il loro nuovo lavoro “Nel nostro piccolo”.
Tanti i rimandi che si possono leggere nel titolo che, come spesso accade negli spettacoli di questo duo comico, anche qui lavora per cenni, citazioni, echi, proprio come le ingannevoli luci nella nebbia milanese. Piccolo come il teatro fondato a Milano da Giorgio Strehler e Paolo Grassi, piccole come le storie quotidiane che chiunque di noi può incontrare, come le piccolezze, le sconfitte, le paure che ci accompagnano, piccoli come si sentono Ale e Franz, al secolo Alessandro Besentini e Francesco Villa, al cospetto dei loro punti fermi: Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci.
Fra le righe è il loro modo di vedere e narrare il mondo, intelligente, ironico e allo stesso tempo implacabile, che va in scena: un mondo, sofferto e gioioso, colorato e grigio, assolato e buio, ma sempre, e comunque un mondo vero, con persone contraddittorie e, per questo, reali.
A un passo dai venticinque anni di carriera, che questa coppia comica tra le più talentuose della scena nazionale celebrerà nel 2019, “Nel nostro piccolo” è l’istantanea (dis)incantata di una realtà artistica e umana nella cui ombra questi due comici hanno mosso i primi passi, è la loro piccola storia. Uno spettacolo dolce-amaro, dove la comicità viene affiancata a momenti nostalgici e di riflessione sulla vita, sull’umanità che cambia, sui valori che mutano. Ale e Franz, con la loro satira di costume, riescono a farci ridere di noi stessi, dei nostri difetti, delle nostre ipocrisie e contraddizioni quotidiane: la risata si trasforma nel veicolo fondamentale per riuscire a parlare di noi senza prenderci troppo sul serio.
“Ce l’hanno su con me mi danno del pezzente / mi danno del barbone e già per quella gente / è meglio un delinquente ma con la posizione”, cantava Gaber. Ed ecco sulla consueta panchina due personaggi un po’ diversi: un bancario, tabagista e praticante di yoga per combattere lo stress, divorziato discute fino al paradosso con un correntista a cui hanno raddoppiato le spese, ma che alla fine forse si convince quasi che la banca abbia ragione.
Non possono mancare, invece, in uno spettacolo che parla di Milano, i due vecchietti, milanesi doc, spaesati di fronte alla contemporaneità, evocare la giovinezza e la guerra e cantare “Ma mi, ma mi, ma mi, /quaranta dì, quaranta nott, /sbattuu de su, sbattuu de giò: /mi sont de quei che parlen no!”. Infine l’angelo custode Franz fa visita al suo protetto, il clochard Ale che “purtava i scarp del tennis”.
Valore aggiunto di questo collage di episodi sono Luigi Schiavone, Fabrizio Palermo, Francesco Luppi e Marco Orsi, praticamente la colonna sonora del lavoro, i quattro musicisti che accompagnano dal vivo Ale e Franz nell’esecuzione dei brani.
Due ore di risate, spunti di riflessione e ricordi che invogliano a (ri)scoprire Gaber e Jannacci e la loro umanità fatta di persone che potremmo essere noi e che, come ci ricordano in conclusione Ale e Franz, “nonostante siano rimaste indietro e la vita non sia come l’avevano sognata, hanno la forza per lottare ogni giorno”.
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