Cronaca
28 Ottobre 2018
L'allora parroco di Goro rinuncia ancora a rilevare chi gli ha riferito i dettagli della morte di Willy Branchi nell'88 e finisce ancora indagato. Il fratello Luca: "Basta, va fermato, come fa a dire messa?"

Omicidio Branchi, l’allora parroco di Goro indagato di nuovo per false informazioni

di Redazione | 4 min

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Luca Branchi e l’avvocato Simone Bianchi

di Martin Miraglia

“Questo è un nuovo colpo di scena molto grave che non mi sarei aspettato, ma arriveremo alla verità”. Così Simone Bianchi, avvocato di Luca Branchi — il fratello di Willy, ucciso a Goro da mano ancora sconosciuta nel settembre del 1988 —, annuncia durante una conferenza stampa che don Tiziano Bruscagin, all’epoca parroco del piccolo comune e ora in forze alla diocesi di Padova, è stato iscritto per la seconda volta nel registro degli indagati per false informazioni alla Procura nelle nuove indagini sul caso.

Il reato per il quale si sta indagando nei confronti dell’ora presbitero diocesano di Correzzola comprende tra le condotte sanzionate non solo la mendacità delle affermazioni rese all’autorità giudiziaria, ma anche l’omissione di fatti di cui sarebbe a conoscenza.

E sarebbe proprio quest’ultima fattispecie, come già successo poco più di un anno fa prima dell’archiviazione, la ragione per la quale si starebbe procedendo nei confronti del don: “Qui”, spiega ancora l’avvocato Bianchi, “siamo di fronte a un parroco che racconta tantissimo, facendo al telefono, registrato, nomi e cognomi di assassini, favoreggiatori e complici, raccontando di episodi che solo chi ha parlato con persone che quella notte erano in quel posto possono sapere; fa nomi e cognomi di chi potrebbe essere a conoscenza di informazioni importanti ma quando è il momento di dire chi queste cose le ha raccontate si trincera dietro la vox populi. Ma cos’è la vox populi in un paese di meno di 4mila abitanti? È impensabile che un parroco non si ricordi chi gli ha riferito di circostanze e di elementi così precisi”.

Il legale di Luca Branchi fa poi degli esempi concreti: “Nel 2014 sono andato a parlare col parroco e mi ha riferito delle cose che mi hanno lasciato senza fiato, in primo luogo dove sono stati buttati i vestiti di Willy, una circostanza mai emersa dal 1988 e che nemmeno la vox populi aveva portato all’attenzione. Arrivarono i sommozzatori da Pesaro a cercare i vestiti nel Po, venne ribaltato mezzo paese ma i vestiti si trovavano da un’altra parte, ed è per quello che non furono mai trovati. Chi può avergli riferito una circostanza di questo tipo?”.

E ancora: “Sempre in quella conversazione mi disse che i Carabinieri l’avevano invitato per un colloquio in caserma nell’immediatezza del fatto, ma che lui non voleva andarci perché la caserma era al centro del paese, e non avendo avuto rassicurazioni si portò via con lui il segreto che portava. Quando gli chiesi ‘Padre, chi è stato a uccidere Willy?’ lui rispose ‘non fare questa domanda. E quando gli chiesi ‘Ma da quanto tempo lo sa’ lui rispose ‘l’ho sempre saputo’, quindi dal 1988, quando l’unica pista seguita era quella di Valeriano Forzati e gli inquirenti brancolavano nel buio”.

Quell’incontro, secondo Simone Bianchi, che riferisce letteralmente le trascrizioni, si concluse con la richiesta di non divulgare l’esistenza dell’incontro col parroco che avrebbe poi asserito che dopo essere rimasto a Goro 32 anni “sapevo vita, morte e miracoli di queste persone e per questo forse quegli anni sono serviti a me per dire di portare quel peso. Ho tremato, un pizzico di sussulto ce l’ho ma ho promesso di portare quel peso e lo faccio”.

“Questo è il parroco che tutte le sere dice di pregare per l’anima di Willy, un ragazzo di 18 anni che non aveva fatto male a nessuno trovato trucidato, nudo e legato”, conclude Bianchi, “e ancora oggi ci troviamo di fronte a chi tace di fronte a fatti di cui è a conoscenza. Quest’uomo ancora oggi dice messa. Chiedo l’intervento immediato della curia di Padova”.

Pochi mesi fa poi, a Luca Branchi sarebbero arrivate anche minacce da una macchina in corsa a Goro, un evento di cui il legale parla poco perché le indagini sono in corso ma che sarebbe stato compiuto da persone a conoscenza di informazioni su quella sera ma non direttamente coinvolte nella vicenda.

Una serie di eventi che al fratello di Willy non vanno giù. In conferenza stampa quando arriva il suo turno di parlare scoppia in lacrime e si deve allontanare per qualche momento, poi torna. Chiede che don Tiziano “venga fermato”, poi non riesce a trattenere uno sfogo contro la Chiesa che fin qui, nonostante anche due lettere al Papa, l’ha ignorato o peggio ostacolato: “Se la Chiesa si comporta in questo modo, io mi chiedo se noi genitori dobbiamo portare i bambini ai preti. Che un parroco possa fare queste cose è un’indecenza. Sono passati trent’anni, mio padre stava per morire con mio fratello: perché non dite a questo parroco di fare luce? Basta, sta prendendo in giro tutti”.

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