Spal
16 Maggio 2018
La leggenda biancoazzurra sarà allo stadio come porta-fortuna. “Ferrara è stata la mia nazione”

Spal-Sampdoria. Oscar Massei al Mazza per la partita decisiva

di Redazione | 4 min

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di Cecilia Gallotta

Cinquantadue gol, nove stagioni e 244 partite con la maglia biancoazzurra, dopo aver indossato, fra le altre, quella dell’Inter. Il campione italo-argentino Oscar Massei, classe 1934, ha fatto toccare alla Spal il suo miglior risultato in assoluto col quinto posto nella serie A del ‘59. E ci racconta da La Spezia – dove adesso vive – il suo legame con la formazione estense, durato nove anni come giocatore, ma mai del tutto tramontato.

Ci parli di lei, cos’ha fatto in questi anni dopo che ha lasciato la Spal?

Come giocatore ho finito la mia carriera lì a Ferrara proprio con la Spal, nel ’68. Dopo sono andato a Treviglio, avevo fatto il corso da allenatore, e ho cominciato ad allenare squadre come il Treviso, la Pro Vercelli, il Messina… Ma nell’89 sono tornato a Ferrara ad allenare la giovanile della Spal fino al ’94. Poi non me la sentivo più, andare in campo tutti i giorni era diventato pesante, al punto da non divertirmi più. E allora è arrivato il momento di andare definitivamente – e felicemente – in pensione.

La Spal e Ferrara hanno dunque segnato la conclusione della sua carriera da giocatore e anche da allenatore. Che rapporto conserva? Torna mai nella nostra città?

Eccome, appena posso. A Ferrara conservo anche le spoglie di mia moglie, e la vado a trovare il più spesso possibile. E poi c’è la Spal. Con lei Ferrara è stata un po’ la mia nazione. Ha un pubblico eccezionale, e lo sta dimostrando anche adesso. Mi sono trovato benissimo.

Ha continuato a seguire le vicende della Spal anche nelle serie minori? Come ha vissuto il ritorno in A?

Con le serie minori l’ho persa un po’ di vista, più che altro perché mi spostavo spesso, poi facevo sei mesi estivi in Italia e il resto dell’anno lo passavo in Argentina. Ma il ritorno in serie A è stata una grande emozione, come per tutti i ferraresi immagino, era l’obiettivo massimo, e l’ho seguito fin dall’inizio.

Sarà a Ferrara per l’ultima e decisiva partita contro la Sampdoria di domenica?

Ci sarò. Ho ricevuto l’invito dalla società, il presidente Mattioli è stato gentilissimo come sempre. Verrò accompagnato da mio figlio. E io di solito porto fortuna…

Un pronostico. O magari, qualche consiglio…

Bisogna vincere e basta, dal punto di vista tecnico loro sanno già tutto. I tecnici, gli allenatori, sono bravissimi. E lo sanno anche i giocatori. Credo che la Sampdoria non abbia grande motivo di fare questi punti. Per me c’è possibilità.

Come vede questa formazione rispetto a quella vissuta nella serie A degli anni Sessanta? C’è qualche giocatore in cui, se si può azzardare, si rispecchia?

Il gioco è completamente diverso, c’è una preparazione fisica e atletica molto più accentuata, ma spesso non basta. Giocare in serie A e in serie B sono due cose completamente diverse. La qualità del giocatore è data da diversi fattori, e con l’arrivo di qualche nuovo difensore si è visto. Quando sono venuto in Italia ero un centravanti, e quindi ho un’idea piuttosto impostata su alcune cose, per esempio, su come dovrebbe essere un centravanti. E non è facile trovare qualcuno ‘che rispecchi’…

Lei è stato un campione a livello europeo. Avrà ricevuto offerte da squadre importanti…

Almeno due o tre quando giocavo nella Spal, la più grossa dalla Fiorentina. E queste erano quelle di cui mi aveva parlato la società, perché spesso, non lo faceva…

Quindi il rapporto con l’allora presidente Mazza sarà stato un po’ controverso. Ma come mai ha deciso di rimanere nella Spal?

Ah, il rapporto era ottimo, tranne quando si parlava di soldi [ride]. Infatti quando ho ricevuto l’offerta dalla Fiorentina, è stata una lotta per riuscire ad ottenere qualcosa di più dalla società per rimanere. Non me la sono sentita di andare perché all’epoca il regolamento prevedeva la presenza di tre giocatori stranieri al massimo in una squadra. Ai tempi non c’era la panchina, o il dodicesimo, se non giocavi stavi in tribuna, e avevo già vissuto una pessima esperienza all’Inter riguardo a questo. Mi ero infortunato al ginocchio, e arrivò Angelillo, che era oriundo come me. Quindi, o giocava lui, o io. E non ero venuto in Italia per stare in tribuna. Così, invece che giocare in una grossa squadra ed essere uno qualunque, ho preferito rimanere nella Spal, ed essere Oscar Massei.

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