Cronaca
16 Marzo 2018
Nessuna giovane sfruttata si è mai presentata a testimoniare, difficile provare le accuse. E così per il tribunale 'il fatto non sussite'

Riti voodoo e prostituzione, assolte le due presunte maman

di Redazione | 3 min

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Nessuna parte offesa si è mai presentata a processo per confermare le accuse. Nessuno ha mai riscontrato direttamente l’effettiva attività di sfruttamento della prostituzione da parte delle due imputate, solo tabulati telefonici. Nessuna verifica sui conti è stata fatta. Insomma tutto ciò per cui Becky David e Chinyere Okoro (difese dall’avvocato Simona Maggiolini) sono rimaste in carcere per oltre un anno non ha trovato alcuna conferma nel processo, tanto che i giudici hanno pronunciato a loro favore una sentenza con formula ampiamente assolutoria: il fatto non sussiste.

Finisce dunque così il processo a carico delle due donne nigeriane accusate di prostituzione minorile, induzione e sfruttamento della prostituzione, che vennero arrestate nel febbraio 2017 dalla polizia. L’indagine le indicava come parte di una ramificata organizzazione criminale che reclutava le donne in Nigeria (poi si parlò anche di mafia nigeriana), le accompagnava fino ad una località predefinita e da lì le imbarcava alla volta dell’Italia promettendo una sistemazione lavorativa, grazie alla quale avrebbero ripagato il costo del viaggio. Sistemazione lavorativa che era la strada, costo del viaggio sul quale esisteva il vincolo del rito voodoo.

L’attività investigativa aveva preso il via durante il maggio del 2016, quando Grace, nome di fantasia di una delle ragazze schiavizzate dagli sfruttatori, aveva deciso di affrancarsi dalla vita di strada e di raccontare tutto agli uomini della polizia di Stato.

Le due imputate vivevano in un appartamento di via Cattaneo e lì ospitavano alcune ragazze che si prostituivano. Attività che, come emerso anche nel processo, era nota alle due imputate, ma non è stato dimostrato che fossero loro le maman, che fossero loro a costringerle ad andare in strada. Insufficienti – senza altri riscontri – i tabulati telefonici che dimostravano al massimo contatti tra ospiti e imputate, anche in orario notturno. Insufficiente un’agendina in possesso di una delle due imputate con segnati dei crediti nei confronti di alcune persone (alcuni da mille euro in un mese), perché quei nominativi sono difficilmente riconducibili alle giovani (presuntamente) sfruttate.

Accuse difficili da provare nella loro globalità,  anche perché nessuna delle ragazze avviate alla prostituzione si è presentata in aula a testimoniare. Forse la paura di subire ritorsioni, forse altri motivi, di certo la loro assenza ha rappresentato la ‘morte’ del processo.

La difficoltà dell’accusa è in qualche modo dimostrata anche dal fatto che la procura è dovuta ricorrere a testimonianze indirette, che hanno riferito ciò che le ragazze riferirono durante le indagini, rendendo ardua, se non impossibile, la valutazione di veridicità di quanto affermato. E non è un caso che la stessa procura abbia sì chiesto la condanna per entrambe (a 6 anni e 15mila euro di multa) ma solo per quanto riguarda lo sfruttamento della prostituzione di tre ragazze in tutto, una delle quali (forse) minorenne, anziché di tutte quelle individuate come gravitanti nell’abitazione di via Cattaneo. Solo per questi casi, a parere dell’accusa, il bagaglio di prove era sufficiente. Non così per il tribunale (né per la difesa che aveva chiesto due assoluzioni): nessun fatto dell’imputazione è stato provato. E Becky David e Chinyere Okoro ora sono di nuovo libere.

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