di Cecilia Gallotta
Tragico e comico: così Stefano Benni ha definito il suo nuovo romanzo, ‘Prendiluna’, presentato anche a Ferrara, e che, per questo, “genererà probabilmente un dibattito tra le mie quattro generazioni di lettori”.
E’ proprio il rapporto generazionale a muovere le redini di un grottesco tracciato dell’umanità, le cui sorti dipendono da Prendiluna, una vecchia maestra in pensione che verrà aiutata niente meno che da alcuni suoi ex alunni, ognuno con una propria storia.
Un libro che “nasce da un blocco di scrittura” confessa l’autore, cominciato 5 anni fa e rimasto fermo per tre: fenomeno non del tutto distante da “quel complesso momento che è la scuola – afferma lo scrittore bolognese – in cui più si dovrebbe imparare e sembra invece di non aver imparato nulla o molto meno di quello che si avrebbe potuto”.
Una dinamica ‘sempreverde’ e particolarmente attuale quella romanzata da Benni, che scrive ricordandosi ai tempi di “studente disordinato”, assieme ai professori “pigri e poco motivanti” fino a quelli brillanti “come quello di latino e greco che saliva sulla cattedra e leggeva l’odissea ad alta voce”.
L’attualità di Prendiluna si snoda anche nell’ironia dell’ipertecnologia odierna, i cui fruitori, definiti “schermofili”, offuscano il confine tra l’effettiva utilità delle tecnologie e la patologia. Se da un lato “scrivere al computer ha sicuramente migliorato il sonno di chi mi stava di fianco ai tempi della macchina da scrivere – ironizza Benni – dall’altro non credo che la tecnologia possa risolvere problemi come la solitudine o la diffusione culturale. La lettura dei libri sullo schermo avrà portato due o tre lettori in più, ma se tutti quelli che vedo in treno davanti allo schermo mi leggessero sarei contento, così come anche se tutta Ferrara sul tablet leggesse Dostojevsky”.
Una lettura spietatamente reale che si traspone in tanti aspetti della vita quotidiana, come quella degli ipermercati, dove, in modo ironico e quasi blasfemo “il paradiso è davvero terrestre” e assieme al “pane quotidiano” si affiancano “i crackers e le patatine”, e la buona volontà del consumismo e della produzione attende al vaglio della cassa.
E’ nella nostra riconoscibile realtà che gli ex alunni di Prendiluna, sebbene i loro percorsi di vita difficili, lasciano tutto e la aiutano nella misteriosa missione, “perché alla fine le sono grati”. Un omaggio alla figura “nobile e poco riconosciuta” del maestro che l’autore rivela provocargli tristezza, per chi è ormai scomparso, ma anche riconoscenza: “le persone non possono essere sostituite, e così non esisterà mai l’erede di De Andrè, per esempio, anche se questo aumenta il rimpianto. Ma l’unicità, ciò che caratterizza o ha caratterizzato ognuno di noi, è una cosa che ogni artista dovrebbe sempre ricercare”.
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