Il convegno “Dalla nevrosi allo stress post-traumatico. Storie di uomini e soldati”, che si terrà a Roma il prossimo martedì 30 maggio, sarà introdotto dal Ministro Franceschini nella Biblioteca della Camera dei Deputati, a Palazzo San Macuto. Solo riscoprendo il passato di Ferrara, la sua evoluzione intellettuale, è possibile attualizzare questo genere di problemi.
«Nella fattispecie – ha argomentato l’onorevole Paola Boldrini – ci siamo rivolti sia alla storia della città, sia al presente che ci compete in quanto cittadini italiani. Abbiamo affrontato il tema della malattia mentale partendo dalle cosiddette “nevrosi di guerra”, sino ad arrivare allo stress più attuale, causato da un assalto al nostro esercito in battaglia piuttosto che da un attentato terroristico alle forze di polizia. I danni psichici che ne conseguono possono protrarsi nel tempo e persino aggravarsi, se non vengono trattati tempestivamente. La Commissione parlamentare d’inchiesta, di cui faccio parte, è stata istituita a seguito delle contaminazioni da uranio impoverito e intende intervenire con alcune modifiche a livello normativo per tutelare la salute dei nostri militari quanto quella degli altri lavoratori, specialmente da quando non viene più praticata la leva obbligatoria. Abbiamo presentato una proposta di legge che presti un’attenzione maggiore alla condizione sanitaria di tutte le forze armate, anche in caso di incidenti invalidanti».
La scoperta dell’Istituto di Storia Contemporanea è stata solo il fil rouge che ha collegato un processo storico a una necessità impellente, perseguita dalla Camera dei Deputati e volta a sensibilizzare anche l’opinione pubblica.
«Nel 1916 – ha spiegato Anna Quarzi, presidente dell’Istituto – fu fondato da Gaetano Boschi l’ospedale militare per malati di “nevrosi di guerra”. Il medico, da osservatore privilegiato, ebbe la possibilità di dare un contributo importante agli sviluppi della neuropsichiatria applicata. Presso la “Villa del Seminario”, infatti, furono ricoverati tra gli altri gli artisti Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis e Carlo Carrà. La particolarità del luogo in cui l’ospedale era collocato, in una zona di retrovia oltre il fiume Po, condusse qui migliaia di soldati feriti, rifugiati e tutti coloro che fuggivano spaventati dalle zone di guerra, specie dopo la rotta di Caporetto. Questo ci ha motivati a sviluppare un progetto didattico-museale insieme alla Città del Ragazzo in occasione del Centenario della Prima Guerra Mondiale. È prevista l’installazione di un percorso permanente che, non solo metta in evidenza le ricerche del neurologo, ma riveli la connessione con l’inaspettato fervore artistico là scaturito».
Per valorizzare il luogo la volontà è di ricostruire alcuni ambienti significativi, come il gabinetto dello stesso Boschi o la stanza dove de Chirico immaginò la sua Metafisica.
Il supporto dell’Associazione De Humanitate Sanctae Annae, nella figura di Riccardo Modestino, dirigente del Servizio Prevenzione e Protezione, è stato fondamentale durante la fase di analisi degli aspetti patologici: «Dopo sette o otto mesi di combattimenti in trincea – ha aggiunto il medico – i soldati tornavano a casa dal fronte, per riabbracciare gli affetti e magari per sostenere gli esami di maturità o quelli universitari. Era sufficiente il suono delle campane in piazza o un improvviso allarme antiaereo per farli scattare. Si opponevano inconsciamente al pericolo e correvano ai ripari, simulando di imbracciare la baionetta. Si trattava di situazioni gravissime di iperattività scatenate dagli stimoli esterni».
Ora lo storico edificio della Villa ospita l’Istituto “Don Calabria – Città del Ragazzo”, che ha partecipato al progetto per favorire la crescita dei propri allievi. «La vocazione della struttura è sempre stata quella dell’accoglienza – ha concluso il direttore Giuseppe Sarti – Ha saputo cambiare a seconda dei tempi, intercettando e soddisfacendo le necessità di chi aveva bisogno. Dai malati durante la Prima Guerra Mondiale, al 1951, quando la Città del Ragazzo fu fondata da Don Calabria con il consenso dell’allora Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, monsignor Ruggero Bovelli, come luogo di addestramento al lavoro per bambini e giovanissimi provenienti da famiglie indigenti; ad oggi, che è un ente accreditato per la formazione professionale e per l’inserimento nel mondo lavorativo e sociale delle persone più fragili, quindi disabili, traumatizzati, stranieri con difficoltà di integrazione, adolescenti provenienti da contesti difficili. In nome della continuità si rispetta una missione».
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