Attualità
25 Maggio 2017
Raffaele Rinaldi (Associazione Avvocato di strada e Viale K) replica al vescovo

“Negri su Manchester peggio di Salvini”

di Redazione | 2 min

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“Da genitore rispondo che quei figli non hanno bisogno delle sue preghiere che sembrano altri chiodi schizzati dal maledetto uomo-bomba, né della sua “pietà” rivolta a dei ragazzini considerati alla strenua di cinghialini selvatici che razzolano nella selva oscura, senza Dio e “senza ragioni adeguate per vivere” (che gli aduli – per inciso – non sarebbero capaci di dare), ragazzi dalla vita “sprecata” e “venuti al mondo – molte volte – neanche desiderati”….Una perla dopo l’altra infilate nell’antropologia della perdizione”.

È il commento sulle parole del vescovo emerito di Ferrara che arriva da Raffaele Rinaldi, direttore dell’Associazione Viale K e dell’associazione Avvocato di strada. Rinaldi – padre di una bimba della stessa età di Saffie Rose Roussos, la bimba di 8 anni passata alla cronaca come la vittima più giovane della strage – pensa a quei “22 morti a Manchester durante un concerto. Quasi tutti ragazzini, e Saffie Rose Roussos: una bambina di otto anni, l’età in cui si vive ancora in una favola dove il male è ancora il drago trafitto dal cavaliere. Immaginario e vulnerabile”.

E di fronte alla tragedia vissuta da quei bambini, arriva l’intervento di Negri. “”Una provocazione” direbbe qualcuno, ma un conto è la provocazione per cercare il dialogo, un conto invece separare il noi-voi, dentro-fuori, verità-menzogna, bene-male, chiesa-mondo ponendosi ovviamente dalla parte giusta, quella che si deve difendere”.

“Mi chiedo – prosegue Rinaldi – a chi o a cosa si ispirano le sue parole, e se davvero la sua considerazione sui giovani e sull’umanità in generale sia questa. A questo punto mi chiedo a nome di chi parla? Quale Chiesa esprime? Quale Dio invoca? In quale Vangelo ancora inedito Cristo si rivolge così alle folle? Un ragionamento che sembra più ad un selfie di Salvini nell’abisso della strage che ad una parabola di Cristo sulla montagna delle beatitudini. E per che cosa? Per giustificare, in ultimo, la tesi della guerra religiosa? Neanche Salvini è stato capace di tanto. Se fosse stato lui a proferire quelle parole, forse – diciamo così – avrei anche capito, in fondo fa il suo mestiere secondo la coscienza di cui è capace”.

“Ma su una cosa sono più o meno d’accordo – conclude -: quell’invito al silenzio, al rispetto della verità. Forse per almeno una volta, questa volta, avrebbe dovuto seguire per primo il suo stesso consiglio. E forse i funerali cominceranno a farli anche in Chiesa come lui desidera, quando questa non giudicherà il dolore né lo argomenterà per altre tesi, ma lo condivide prima di tutto. Quando forse, pur non essendo del mondo, imparerà a stare al mondo. Forse si è persa “la bussola”, quella vera”.

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