Cronaca
19 Aprile 2017
Sono lunghe 122 dettagliate pagine le motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo per Fiti e Ruszo. Si parla anche di "Igor"

Omicidio Tartari. “Per gli imputati doveva morire”

processo omicidio tartari
di Daniele Oppo | 4 min

Leggi anche

Ubriaco per strada, scatta la multa

Nel corso dei servizi è stata multata una persona colta in stato di manifesta ubriachezza e denunciata un’altra per violazione del foglio di via obbligatorio dal Comune di Ferrara

Sentenza Fiera. La Procura ricorre in Appello

Dopo la sentenza di primo grado con cui il gup Carlo Negri del tribunale Ferrara ha pronunciato l'assoluzione per i cinque accusati per le presunte tangenti tra i padiglioni della Fiera, nei giorni scorsi, la Procura ha deciso di ricorrere alla Corte d'Appello di Bologna per quanto riguarda la posizione dell'ex presidente Filippo Parisini, inizialmente prosciolto dal giudice dopo la richiesta di rinvio a giudizio, chiedendo ai giudici bolognesi di disporne il rinvio a giudizio

Donazioni Covid, il Comune “ammette” di essersi tenuto i soldi

E' una replica che assomiglia molto a un'ammissione di colpa, quella che il Comune di Ferrara, attraverso il direttore generale Sandro Mazzatorta, invia come 'rettifica' al nostro quotidiano dopo l'inchiesta sui soldi dei ferraresi destinati all'emergenza Covid per l'ospedale di Cona. E' una nota nella quale, volontariamente o meno, il Comune conferma di essersi trattenuto il denaro delle donazioni

processo omicidio tartariPierluigi Tartari è stato “fatto morire in condizioni disumane: disumano fu l’averlo abbandonato in luogo remoto, così legato e sofferente, destinato ad una morte lenta per inedia o, in alternativa, come poi è avvenuto, ad un progressivo, doloroso, soffocamento“.

Sono lunghe 122 pagine le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo per Contantin Fiti e Patrik Ruszo, ritenuti due dei tre autori dell’omicidio di Pierluigi Tartari nel settembre 2015. Pagine in cui i giudici della corte d’assise di Ferrara (il presidente Alessandro Rizzieri, il giudice togato Debora Landolfi e i giudici popolari) sviscerano in 12 capitoli e 21 paragrafi ogni dettaglio del processo che ha visto i due giovani condannati per omicidio volontario, rapina, furto in abitazione, uso abusivo di bancomat e porto abusivo di armi.

Nelle motivazioni entra di striscio, almeno tre volte, anche l’uomo più ricercato d’Italia, Igor Vaclavic, che oggi conosciamo con Norbert Feher, il killer di Budrio e del Mezzano, citato per le precedenti rapine commesse con Ivan Pajdek e Patrik Ruszo e perché indicato dalla difesa di Fiti (l’avvocato Alberto Bova) come probabile partecipante alla rapina in casa Tartari al posto del giovane imputato.

“Tartari – scrivono i giudici – è stato picchiato senza apparenti ragioni, atteso che non oppose resistenza e fornì ai rapinatori quanto da loro richiesto; ferito, è stato immobilizzato, imbavagliato e poi trascinato di peso come un animale“. Portato nell’angusto casolare dove verrà ritrovato solo molti giorni dopo, ormai irriconoscibile, soggetto a una morte “dolorosa, cosciente e graduale, una morte crudele, accompagnata da forte sofferenza fisica – legata anche al pestaggio subito circa due ore prima in casa – e psichica per le condizioni di abbandono”.

Una morte voluta da tutti e tre (Pajdek, il capo, condannato a 30 anni anche in appello, Fiti e Ruszo), o perché riconosciuti dalla vittima (sia Pajdek che Ruszo hanno detto che Tartari avesse visto in volto i rapinatori) e volevano godersi senza problemi il frutto di quella rapina e garantirsi l’impunità, o perché volevano tornare nella villetta di Aguscello e finire il lavoro in santa pace. Poco conta, perché “ciò che certo, però, è che abbandonarlo nel luogo equivaleva a causarne volontariamente la morte. La vittima era in condizioni precarie per l’aggressione subita, non poteva certamente fuggire e nessuno gli avrebbe prestato soccorso in tempi ragionevoli. Quindi, egli sarebbe stato destinato a morire di inedia. In più, è stato imbavagliato nel modo […] che l’avrebbe chiaramente condotto in poco tempo alla morte per soffocamento. Si può quindi affermare che – scrivono ancora i giudici -, secondo la volontà degli imputati, Tartari doveva morire“.

Ecco perché la qualificazione di omicidio volontario, in circostanze in cui chi materialmente abbia posto in essere le singole condotte non ha importanza: “Non ha alcuna rilevanza, in proposito, stabilire quali precise azioni abbia compiuti singolarmente ciascuno dei tre complici. È emerso con certezza che tutti e tre, armati in vario modo, hanno partecipato all’aggressione di Tartari, alla legatura e all’imbavagliamento, quindi al trasporto presso il casolare, dove il pover’uomo è stato ulteriormente imbavagliato […]. Tanto è stato fatto di comune accordo con gli altri, i quali, decidendo comunque alla fine di abbandonare la vittima così ridotta nel casolare nascosto (o omettendo di impedire che i complici lo facessero), hanno concorso ad uguale titolo e con identica intenzione nel reato di omicidio volontario“.

Passano così in secondo piano gli altri reati come l’utilizzo indebito del bancomat (1 anno di reclusione aggiuntivo), il porto d’armi (1 anno), la detenzione di armi comuni da sparo (6 mesi), il furto in abitazione aggravato (2 anni) e, infine, la rapina aggravata (4) anni. Per quello che doveva essere solo un furto è diventato prima una rapina – a cui erano preparati e come disse Pajdek in udienza: “Se non succede furto, succede rapina” – e poi un brutale omicidio. Sempre Pajdek disse: “Noi quel giorno quando il signor Tartari non c’era, pensavamo di fare un furto e da un furto è diventata una rapina e dalla rapina è diventato…”. E quel che lui ha lasciato sospeso possiamo, purtroppo, completarlo noi: è diventato un terribile, inumano omicidio.

Grazie per aver letto questo articolo...
Da 18 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.

 

OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:

Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com