Cronaca
9 Marzo 2017
L'accusa è di omicidio colposo. Il pm dopo la consulenza ha chiesto l'archiviazione. Il gip si è riservato

Morì in ospedale 7 mesi dopo l’operazione, indagati 8 medici

di Redazione | 2 min

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Morì in ospedale dopo sette mesi di ricovero da quell’operazione, passando da un reparto all’altro dell’ospedale di Cona. La causa fu uno schock settico, maturato dopo l’intervento di asportazione di un meningioma, un tumore benigno all’altezza del cervelletto.

Per quei fatti sono indagati per omicidio colposo otto professionisti, tra medici, chirurghi e specializzandi. Lorella Rolfini si spense su un letto del nosocomio cittadino il 26 maggio del 2016. Aveva 56 anni ed era entrata in sala operatoria per un intervento chirurgico delicato. Soffriva da tempo di cefalee e senso di vertigine. Dovuto, secondo la diagnosi, al meningioma di grosse proporzioni che le comprimeva le pareti del cervello.

Secondo gli specialisti era necessario un intervento, data la grandezza del tumore. Ma l’operazione, per quanto indispensabile, era prevista come lunga e rischiosa. E infatti la paziente rimase sotto i ferri per tredici ore. E ne uscì con una emorraggia che rese la sue condizioni critiche.

Il travaglio post operatorio si è dipanato prima in rianimazione, poi in medicina interna, quindi nell’unità di riabilitazione del San Giorgio. Ma la condizioni della donna non sono mai migliorate e, quasi un anno fa, ai familiari è stata data la ferale notizia.

I parenti hanno voluto capire il perché la loro cara è entrata in ospedale uscendone da morta e hanno depositata una querela contro gli otto medici che, in una fase dopo l’altra del percorso di ricovero, l’hanno avuta in cura. Nel registro degli indagati sono così finiti il neurochirurgo che eseguì l’operazione e due specializzandi che lo assistettero, il chirurgo che eseguì successivamente una gastrostomia, l’anestesista che inserì il catetere venoso centrale, i medici di medicina interna e dell’unità cerebrolesi che l’ebbero in cura. Tutti sono difesi dagli avvocati Bellettati, Ciaccia, Colombo, Linguerri e Venturi

Il pm Patrizia Castaldini si è affidasta alla consulenza medico legale della dottoressa Fedeli e del neurochirurgo Andreoli, che hanno confermato la necessità dell’intervento, sostenendo come l’emorragia sia un fatto previsto e probabile in letteratura medica. Emorragia, nel caso specifico, intervenuta pur in assenza di errori, essendo “un evento tutt’altro che raro – recita la consulenza -, da attribuire con alta probabilità alla decompressione delle strutture vascolari circostanti e in particolari alla decompressione delle vene”.

In seguito a quelle valutazioni il pm ha chiesto l’archiviazione, alla quale si sono opposti i familiari, assistiti dall’avvocato Roberta Testa.

Ieri si è tenuta l’udienza davanti al gip Silvia Marini, durante la quale Testa ha chiesto un’integrazione probatoria per valutare meglio il tipo di intervento: se fosse necessaria una asportazione totale o fosse invece sufficiente una parziale”.

Sul punto il gip si è riservato e a giorni è attesa la decisione.

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