
Nella foto, da destra: l’avv Michele Ciaccia, Gabriele Anania, Michele Reseta e l’avv Marco Linguerri
“Il fatto non costituisce reato”. Così il giudice Luca Marini ha assolto i due medici chirurghi del Sant’Anna, Gabriele Anania e Giuseppe Resta, dall’imputazione di omicidio colposo per la morte di Gaetano Lamburghini a seguito di un’intervento all’addome.
Lamburghini, 66 anni, nel giugno 2014 venne operato con tecnica laparoscopica al colon per asportare un adenocarcinoma, qualche giorno dopo morì a causa delle complicanze dell’intervento che portarono a una peritonite e al successivo shock settico fatale. Per la sua morte vennero indagate 25 persone, ma solo i due chirurghi vennero rinviati a giudizio con un’imputazione coatta decisa dal gip Silvia Marini, mentre la procura aveva chiesto il proscioglimento anche sulla base della consulenza tecnica che aveva fatto effettuare. Richiesta reiterata anche in sede dibattimentale dal pm Giuseppe Tittaferrante durante l’ultima udienza tenutasi nella mattina di lunedì 6 febbraio.
L’unica parte a svolgere il ruolo di accusa è stata la parte civile – i familiari di Lamburghini – rappresentata dall’avvocato Dario Bolognesi. Il punto cruciale della vicenda è un particolare dell’intervento, ovvero il sito del colon in cui realizzare la legatura: per la parte civile avrebbe dovuto essere bassa per minimizzare il successivo rischio di deiscenza così come prescriverebbero le linee guida per simili interventi, su pazienti considerati anziani, obesi e con il diabete come era Lamburghini.
Posizione nettamente contrastata dai legali dei due medici – gli avvocati Michele Ciaccia per Anania e Marco Linguerri per Resta – anche sulla base della consulenza del pm e di quelle di parte: le linee guida in realtà indicherebbero proprio la legatura alta come prassi da tenere per l’asportazione completa dell’adenocarcinoma del colon, ancora di più in presenza di pazienti obesi, e comunque sarebbero consigli operativi e non misure imperative. Rigettata inoltre l’età del paziente come fattore di rischio, dato che non era da considerarsi anziano, mentre il diabete non avrebbe avuto alcuna influenza sull’esito dell’operazione. Comunque, la letteratura scientifica mostrerebbe che tra legatura alta e bassa il rischio non sarebbe statisticamente diverso, chiudendo così le porte al giudizio controfattuale.
“Nessun commento – afferma l’avvocato Bolognesi al termine del processo -, aspettiamo di leggere la sentenza e pi valuteremo se proporre appello”. Delusa la famiglia: “È una sentenza che non ha senso per quello che è successo, noi non ci fermeremo e andremo avanti. Pensavamo che dopo le contraddizioni tra consulenti il pm desse ragione all’accusa. È assurdo e incomprensibile”.
Visibilmente provato, nonostante l’assoluzione, il chirurgo Anania: “Sono sempre stato tranquillo sul lavoro fatto, ma è frustrante quando sei davanti a cose in cui la medicina è impotente. La sentenza cancella la vicenda giudiziaria, ma il pensiero di ciò che è successo non lo cancella nessuno. Ringrazio l’ufficio legale dell’azienda, gli avvocati e i consulenti”. “È stato un processo molto difficile in cui la vicenda umana non poteva non incrociare quella scientifica”, sostengono gli avvocati Ciaccia e Linguerri, che già in sede di arringa si sono detti vicini alle sofferenze della famiglia Lamburghini, “Anania e Resta hanno agito correttamente sia dal punto di vista scientifico che professionale che umano e oggi un tribunale ci ha dato ragione”.
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