Politica
1 Dicembre 2016
Mons. Negri non vede di buon occhio il 4 dicembre. Ma teme ancor più i grillini

Il vescovo sul referendum: rischio di dittatura cattocomunista

di Marco Zavagli | 3 min

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Luigi NegriIl 4 dicembre saremmo di fronte a un bivio. Da una parte la “dittatura di ispirazione catto-comunista” se vincerà il sì, oppure “i grillini, che sono ancora peggiori” se avrà la meglio il no. È la preoccupazione che arriva dal vescovo di Ferrara. Monsignor Luigi Negri, anche se ha dato le dimissioni per i sopraggiunti limiti di età, non rinuncia alla sua vena “interventista” in ambito politico e sociale.

E questa volta se la prende con il referendum costituzionale. In un’intervista a “La nuova bussola quotidiana”, passando dal satanismo tra i giovani alle questioni della vita culturale del Paese, monsignor Negri non disdegna di guardare al voto di domenica e alla scarsa informazione in merito da parte della Chiesa: “c’è stato il silenzio totale su alcune preoccupazioni che la Chiesa e il mondo cattolico non possono non avere in un passaggio nodale come questo che può significare molto in senso negativo per lo sviluppo della nostra vita sociale”. E infatti per il vescovo “siamo di fronte alla eventualità non remota che si creino delle condizioni di una vera e propria dittatura, la dittatura del pensiero unico dominante”.

“Molti ritengono che in fondo questo sia l’obiettivo del premier Renzi” lo punzecchia l’intervistatore. L’invito è gradito: “a mio modo di vedere – ribatte Negri – il pericolo più grave non è neanche quello di una dittatura di ispirazione catto-comunista per quanto il catto-comunismo nelle vicende politiche sulla famiglia e sulla vita ha dato una terribile prova di sé in questi anni. Per capire la gravità del momento bisogna anche rendersi conto che oggi l’alternativa a questo sono i grillini, che sono ancora peggiori”.

Insomma, la deriva cattocomunista rischia di essere secondo il vescovo il male minore. Ma quello che ancor più lo preoccupa è “l’insensibilità del mondo cattolico che accetta di essere ridotto nello spazio dell’assistenzialismo riservatogli dal pensiero unico dominante. Dal punto di vista educativo credo sia il momento più grave nella storia della Chiesa italiana da cento anni a questa parte”.

Una soluzione, sempre secondo il prelato, potrebbe essere “una nuova classe politica” da formare nel laicato a lui vicino. Ma nemmeno lui sembra crederci troppo: “la realtà ci dice che non esiste più una alternativa moderata, sembra una stagione inesorabilmente finita. Il rilancio ogni tanto di personaggi come Berlusconi, o i suoi compagni o colleghi o discepoli risulta veramente inconsistente. Nessuno di questi uomini ha la stoffa dello statista ma soprattutto sembra che manchi un discorso reale, che non può essere l’attenuazione del consumismo borghese e laicista. Dovrebbe essere invece un discorso alternativo sul piano della Dottrina sociale della Chiesa. Non ritengo che ciò che rimane del centrodestra sia in grado di un autentico rilancio della dottrina sociale della Chiesa”.

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