Faccio il sovversivo 2.0
25 Settembre 2016

Nei panni di Lino

di Faccio | 2 min

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L’ennesima vertenza, l’ennesima lotta, sempre contro il profitto e contro il capitale

Che la classe operaia abbia una crisi esistenziale non lo dico io, è un dato di fatto. Basti pensare che per la vertenza del 2013, quando ancora i social non invadevano le nostre menti come adesso, una sera mi alzai da tavola per andare in una sede di partito a pochi passi da casa, presi la parola e dissi  che la nostra BERCO stava per affondare e che, secondo me, il pericolo di scontri sociali tra di noi era molto vicino

Avete mai provato?

Avete mai provato ad uscire di casa alle 22,00 e fare ritorno alle 6,00 della mattina dopo e non per fare serata, ma per andare al lavoro? Avete mai provato a partire di casa quando sta per cominciare un evento serale che vi interessa? Avete mai provato ad andare...

Noi siamo la Berco

Sono giorni molto intensi quelli che stiamo affrontando in fabbrica, il clima non è per niente buono e non si lavora affatto bene, anche se la speranza che tutto si sistemi è sempre tra di noi: stiamo uniti, non dobbiamo fare l’errore di dividerci, tutti insieme per un unico scopo, cioè salvare l’occupazione e riportare Berco dove era un tempo

Sono trascorsi 11 anni da quando Federico Aldrovandi è STATO ucciso…
Quella sera in via ippodromo sembra non ci fosse nessuno ad ascoltare quelle grida di dolore.
Sembra incredibile quanto è successo, ma è successo.
Chi non conosce questa storia?
Ognuno di noi si è fatto la propria idea, giusta o sbagliata che sia.
Mi ricordo appena accaduto il fatto di alcuni miei amici che dicevano parole inascoltabili, “era un drogato tatuato” oppure “era un alcolizzato” ecc ecc…
Non conoscevo la storia, però fin da subito mi sono detto che anche se fosse STATO un drogato tatuato alcolizzato non avrebbero dovuto ucciderlo, perché ognuno di noi ha il diritto di avere delle altre possibilità.
Si sono dette tante cose, alcuni non ne vogliono più sentir parlare, sono infastiditi, ma li capisco, perché sono molto infastidito anche io.
Io sono infastidito perché se vedo qualcosa che non va chiamo le forze dell’ordine perché risolvano la questione e non perché la peggiorino in modo drammatico.
Penso a sua madre che non vede ritornare il figlio a casa, penso a tutto quello che ha fatto dopo, il blog, le foto del figlio massacrato e tutto quello che ha dovuto sopportare fino ad ora e chissà per quanto tempo ancora…
Ma io stavolta voglio parlare di suo padre, voglio parlare di Lino Aldrovandi, padre di un figlio ucciso dalle forze dell’ordine. Scrivo questo perché essendo padre mi sono messo nei suoi panni mille volte, solo il pensiero mi fa venire da piangere, ricordo quando frequentavo i social, vedere i suoi post e i suoi scritti mi faceva soffrire all’infinito.
Nessuno potrà mai capire cosa può essere la perdita di un figlio vissuta in questo modo, i momenti trascorsi insieme al proprio figlio, le foto di quando era piccolo, la prima parola detta, il primo bagnetto, i primi passi incerti tenendosi per mano, le estati al mare per le vacanze, le prime domande fatte dal proprio figlio che riguardano la vita, quella vita spezzata un giorno di 11 anni fa.
Penso a tutto questo e mi viene in mente solo un vuoto, un vuoto infinito, se siamo padri di un figlio che si chiamava Federico Aldrovandi.

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