Il ministero delle Finanze era conoscenza già da fine 2014 che l’intervento del Fondo interbancario per i salvataggi degli istituti di credito in crisi sarebbe stato considerato un aiuto di Stato da parte della Commissione Ue. Eppure Bankitalia, commissari e Mef sono andati avanti proponendo tale soluzione per i salvataggi, anche nel caso Carife.
Sembra questa la novità dirompente dell’ultim’ora – scoperta da Il Messaggero e La Stampa e poi ripresa dai quotidiani locali – sui quattro istituti di credito coinvolti nel decreto “salva banche”, derivante da un memoriale di Bankitalia presentato per opporsi alla richiesta di annullamento del decreto avanzata dalla Fondazione CariJesi (che è azionista di Banca Marche) al Tar del Lazio. Si parla di quattro lettere tra il 2014 e il 2015 in cui l’Ue sconsigliava l’uso del Fitd. Una “novità” che ha fatto imbestialire tanti attori coinvolti, e portato a prese di posizioni della politica anche a Ferrara dove per la Carife l’intervento del fondo venne avvallato dopo, nel luglio 2015.
Ma di novità non si tratta. Che a Roma fossero già a conoscenza della posizione della Commissione ancor prima dell’assemblea straordinaria del 30 luglio lo abbiamo scritto già a dicembre almeno due volte (qui e qui), rilevando come, dalla procedura d’infrazione per aiuti di Stato contro l’intervento del Fitd in Tercas avviata qualche mese prima (di giovedì è la notizia che l’Italia presenterà ricorso alla Corte di Giustizia), fosse già evidente la posizione della commissione Ue, risalente già al 2014.
Tutti sapevano, dal Fitd a Bankitalia al Governo, tutti hanno negato l’evidenza, accusando l’Ue di voler impedire i salvataggi italiani e, al contempo, favorire quelli, di Stato, di altri Paesi come la Germania. E, ancora una volta, ci eravamo premurati per tempo di sottolineare la fallacia di una simile argomentazione: la Commissione Ue, anche con posizioni ufficiali, non ha mai negato l’intervento del Fitd, sottolineando anzi che quell’intervento sarebbe stato una delle opzioni adottabili, purché configurato correttamente, ovvero come aiuto di Stato. Cosa che l’Italia si è rifiutata di fare, preferendo il gioco dello scaricabarile verso Bruxelles una volta arrivati al punto di non ritorno.
Arrivano quindi tardi sia lo “scandalo” che le reazioni sconcertate della politica, come quelle di Alan Fabbri e Vittorio Anselmi dopo le ultime “novità”. “Da un anno – scrive il primo – il Ministro del Tesoro e Bankitalia sapevano delle contestazioni di Bruxelles sul Fondo Interbancario. Le rivelazioni contenute nella memoria di Banca d’Italia nel procedimento al Tar del Lazio sono deflagranti e, ancora una volta, pesano come macigni su questo governo, che nella migliore delle ipotesi dovrebbe rispondere di pressapochismo e incapacità, nella peggiore di tradimento di Stato”.
“Si sono persi almeno due anni a cercare di rincorrere la UE per ottenere deroghe e corsie d’emergenza – commenta invece Anselmi -. Due anni nei quali al sistema creditizio italiano, e quindi anche a Carife, si è fatto credere che si poteva usare il Fondo Interbancario, mettendo così in condizione anche i Commissari di perseguire una strada di risanamento che (a questo punto si capisce), soprattutto Bankitalia sapeva bene essere impraticabile. Mi sembra ormai palese che in tutta la vicenda Carife emerge con sempre più nitidezza una precisa responsabilità di Bankitalia, soggetto che doveva vigilare, e nel caso Carife, risanare, per il tramite dei Commissari, ma che non ha evidentemente svolto il proprio ruolo con le conseguenze che si sono viste. In secondo luogo viene purtroppo ulteriormente dimostrata l’inaffidabilità e incapacità del nostro Governo che in questo rimpallo di responsabilità ha lasciato in mezzo al guado la sorte di almeno quattro banche (e di chissà quante altre in futuro mi viene da pensare), e il destino di migliaia di risparmiatori e azionisti. Certo che a questo punto il risarcimento integrale di ciò che è stato perso, da azionisti, risparmiatori e dalla Fondazione mi sembra davvero il minimo che si può pretendere. Oltre ovviamente alle dimissioni di coloro che questa brutta pagina hanno contribuito a scrivere”.
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