Politica
13 Gennaio 2016
L'Ue aveva formalmente evidenziato in estate le conseguenze dell'intervento del Fondo interbancario

Carife. Bruxelles avvisò il Governo già ad agosto

di Daniele Oppo | 4 min

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La sede della Banca d'Italia a Roma (foto di Lalupa/CC BY SA 3.0)

La sede della Banca d’Italia a Roma (foto di Lalupa/CC BY SA 3.0)

Dopo poco più di un mese dalla lettera firmata da tutti i sindaci della provincia sul caso Carife, arriva la risposta di Bankitalia al disagio e alle perplessità su come si è svolta la vicenda espresse dei primi cittadini. Dalla lettera emerge che l’Italia sapeva delle conseguenze dell’intervento del Fondo interbancario – ovvero la qualificazione come aiuti di Stato e conseguente attivazione bail-in ‘ridotto’ –  già da fine agosto

La firma nella lettera – datata 24 dicembre, ma arrivata solo il 13 gennaio – è quella di Gian Luca Trequattrini, capo servizio della Segreteria particolare del Direttorio e comunicazione, che scrive per conto del presidente Visco.

La risposta cerca di spiegare in toni molto formali e concilianti cosa sia successo dal 30 luglio 2015 in poi, quando l’assemblea dei soci aveva dato l’ok all’aumento di capitale e all’ingresso del Fondo interbancario di tutela dei depositi per salvare l’istituto di credito cittadino.

“La situazione della Cassa – scrive la Banca d’Italia in premessa – è stata pregiudicata da scelte strategiche sbagliate poste in essere nello scorso decennio dagli organi della banca e da operazioni di credito che hanno generato perdite rilevanti”.

“L’operazione di aumento di capitale presentata dai commissari e approvata dall’assemblea dei soci del 30 luglio – scrive ancora Trequattrini – costituiva una valida soluzione della crisi”. Bankitalia ritiene ancora che l’ingresso del Fitd fosse dunque una buona soluzione, attuabile, nonostante la Commissione europea qualche mese prima avesse attivato una procedura d’infrazione per una mossa simile effettuata con la banca Tercas. “Essa – aggiunge infatti Trequattrini – non ha trovato immediata attuazione per l’esigenza di ottenere la prevista autorizzazione da parte della Banca Centrale Europea a dare corso, per il tramite del Mef, alla necessaria interlocuzione con la Commissione Europea in materia di aiuti di Stato, atteso l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi”.

E così tutto si è bloccato, forse non con la necessaria pubblicità: “A fine agosto la Commissione ha comunicato formalmente l’obbligo di stand still (sospensione, ndr) previsto dalla Banking Communication del 30 luglio 2013″. E, infatti, “nel corso dei successivi contatti gli uffici della Commissione hanno ribadito la necessità che l’intervento del Fondo interbancario prevedesse la preventiva compartecipazione alle perdite da parte di azionisti e creditori subordinati (cd burden sharing)”. Questo in attuazione della normativa del 2013 che già prevede un bail-in più limitato rispetto a quello del 2016. Ciò significa che, con molta probabilità e contrariamente con quanto accaduto nel caso Tercas, l’Italia avesse qualificato e segnalato all’Ue l’intervento del Fitd come aiuto di Stato, facendo scattare l’obbligo di sospensione del piano di aiuti, per procedere alla necessaria valutazione.

A questo punto però il Governo si è perso – probabilmente tentando invano di convincere la Commissione nel non applicare neppure un bail-in ‘ridotto’ – e Carife ha rischiato il collasso totale: “Nel frattempo – rileva ancora Bankitalia -, dato il clima di incertezza e di disorientamento che andava diffondendosi tra la clientela, da Lei stesso richiamato, si è registrato un aggravamento della situazione della banca. Ciò ha imposto di assumere i necessari provvedimenti per evitarne il dissesto, nel quadro delle previsione del d.lgs n. 180/2015 nel frattempo entrato in vigore”.

Questo è il contesto “difficile” e “di cui non ci sfugge la drammaticità, specie per il coinvolgimento di molti piccolo azionisti e portatori di strumenti subordinati”, di cui comunque Bankitalia vede un futuro positivo, apprezzando “l’attenzione Sua e degli altri sindaci di guardare con fiducia al futuro della nuova banca, costituita con il precipuo scopo di non far venire meno l’offerta di essenziali servizi bancari e finanziari alle comunità e alle istituzioni locali. La Nuova Cassa di Risparmio di Ferrara – ribadisce ancora una volta Palazzo Koch – ha ora le risorse per sostenere esigenze finanziarie delle imprese e delle famiglie ed il nuovo management è impegnato a ricostruire un rapporto proficuo e costruttivo con il territorio, vera ricchezza dell’azienda”.

Bankitalia, infine, assicura il proprio impegno per organizzare gli incontri, chiesti dal sindaco di Ferrara, tra Tagliani e il presidente Visco.

Immediata la reazione di Alan Fabbri (Ln) che parla di una Carife “messa in ginocchio su commissione” e chiede “chiarezza, trasparenza, risposte e un passo indietro sul decreto 183: Carife deve essere cancellata da quel provvedimento ammazza-risparmi”. Decreto che, secondo Fabbri, “ha indebitamente anticipato il bail in (in realtà è conforme alle norme Ue del 2013, ndr) e che presenta paradossi epocali, confermandosi un gioco di maschere e coperture, per lavare i panni sporchi degli intoccabili a spese degli ignari risparmiatori”. Tra i panni sporchi, il capogruppo del Carroccio in Regione, vede il tardivo commissariamento nonostante sia Bankitalia stessa a parlare di una situazione pregiudica dalle gestioni dello scorso decennio

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