“L’ordinanza del sindaco interviene in maniera giusta nella zona della stazione, disincentivando il fenomeno. Ma riguarda appena una decina di donne, ed andrebbe estesa alle zone della città dove l’emergenza è reale”. Non tardano le prime reazioni alla presentazione delle due nuove ordinanze della giunta comunale in materia di ordine pubblico, mirate a contrastare il consumo di alcolici e la frequentazione di prostitute. A prendere parola in questo caso è Irene Ciambezi, referente ferrarese della Comunità Papa Giovanni XXIII, che pur approvando l’idea di multare i clienti delle lucciole sottolinea come il fenomeno della prostituzione, a Ferrara, veda i picchi più preoccupanti assai lontano dalla zona Gad su cui si concentra l’ordinanza.
“Nel quartiere di via Bologna – spiega la Ciambezi – si alternano una quarantina di donne. In totale sono un centinaio i contatti con le donne, per lo più albanesi e rumene, che qui ogni mese vengono costrette a prostituirsi. Il problema va affrontato con una taskforce provinciale di forze dell’ordine con personale femminile adeguatamente formato, e scoraggiando la domanda, anche multando i clienti, come sostenuto dalle direttive europee”.
L’associazione fondata da Don Oreste Benzi è presente con due unità di strada che operano a Ferrara e a Comacchio, mentre una trentina di volontari compiono monitoraggi mensili e ogni quindici giorni avvicinano le donne per proporre loro di abbandonare la strada. E negli ultimi tempi i risultati non sono mancati: cinque donne hanno concluso l’anno scorso, con la stipula di un contratto di lavoro regolare, il programma di reinserimento della società. In provincia alcune donne sono state segnalate a prostituirsi minorenni o in stato di gravidanza. E due donne nigeriane che si prostituivano a Ferrara sono stata accolte dalla comunità dopo la segnalazione per problemi psichiatrici. “Quella delle donne prostituite non è solo un’emergenza da affrontare a livello sanitario o di sicurezza – commenta la referente della comunità -. Le donne che incontriamo ci chiedono di tornare libere, di avere un lavoro vero e di ritrovare la dignità perduta”.