Cronaca
3 Aprile 2015
Un carcerato vittima dei compagni di gioco che pretendevano da lui 1800 euro

Poker in carcere, due condanne per estorsione

di Redazione | 2 min

trib2Qualche mano di poker in carcere durante le ore di socializzazione e una gioco per passare il tempo – trasformatosi in gioco d’azzardo – che diventa una scusa per estorcere denaro e alimenti a uno dei partecipanti.

Il tribunale collegiale di Ferrara (presidente Luca Marini e, a latere, Monica Testoni e Franco Attinà) ha condannato i due imputati Giovanni Marino e Salvatore Raimondi: il primo per estorsione compiuta (3 anni e 4 mesi con multa di 750 euro) e il secondo sia per  estorsione compiuta che tentata (3 anni e 6 mesi di reclusione e a una multa di 900 euro). La pm Ombretta Volta aveva chiesto la condanna per entrambi al minimo edittale previsto per il reato di estorsione (5 anni), aumentata per il reato continuato.

Una storia, quella denunciata dalla vittima, fatta di piccole scommesse iniziali, qualche caffè o le sigarette. Poi tre partecipanti (Marino, Raimondi e Alban Alushaj uscito dal processo in sede di udienza preliminare) avrebbero cambiato le regole del gioco, una in particolare: avrebbe dovuto dare 600 euro a testa. Da quel momento sarebbero cominciate le minacce – più o meno velate – di pestaggi e ritorsioni anche verso la sua famiglia (sfruttando il fatto che nel frattempo a Marino fossero stati concessi i domiciliari), tanto da spingerlo a scendere a patti con gli ex compagni di gioco pagandoli direttamente o attraverso piccoli acquisti nello spaccio del carcere.

I fatti risalgono alla primavera del 2012, quando i tre cominciano a riunirsi per alcune sessioni di poker con un detenuto recluso da poche settimane dopo una condanna per truffa. Ed è stato proprio lui, il ‘truffatore’ del gruppo a essere la vittima: dopo qualche incontro infatti i suoi tre compagni di gioco lo avrebbero accusato di non aver pagato una somma per la puntata di apertura – a suo dire mai concordata – assai consistente: 1.800 euro da dividere equamente in tre parti. La versione degli imputati è che invece quella somma fosse una sorta di penale dovuta al mancato rispetto delle regole: il ‘truffatore’ avrebbe barato.

Due in particolare gli episodi contestati: un’aggressione all’interno della cella da parte di Raimondi sulla quale ci aveva anche riferito un altro carcerato (un uomo di 80 anni che, chiamato a testimoniare, ha riferito di non ricordare nulla a causa dell’età e delle precarie condizioni di salute) e un’altra nella lavanderia bloccata appena in tempo dall’arrivo degli agenti di polizia penitenziaria. La vittima, oltre a consegnare generi alimentari o, meglio, a fare la spesa per i suoi aguzzini, ha anche chiesto alla figlia di effettuare un bonifico bancario da 250 euro a beneficio di Marino per saldare almeno parte del suo debito e calmare le acque.

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