Che cosa avranno pensato i membri del comitato di redazione di Charlie Hebdomadaire, fra i quali sette giornalisti riuniti al primo piano della sede del loro giornale quando, alle 11.30 del 7 gennaio 2015, hanno visto palesarsi i due simpatici fratelli cittadini franco-algerini Chérif e Said Kouachi (incappucciati) con potentissime armi da guerra in mano? (ovviamente, il fatto che i due islamisti fossero lì proprio in quel momento, non è casuale). Ironia della sorte, il tema della loro riunione di redazione era “Lutte contre le Racisme” per la realizzazione di una nuovo numero basato sulla lotta contro il razzismo.
Impossibile dirlo. Ma fra i tanti pensieri che hanno occupato gli ultimi istanti della loro vita ce ne sono sicuramente stati tre in particolare:
- E’ finita!!
- Ma come cavolo è possibile che questi terroristi (che ci interpellano nome per nome prima di spararci) siano qui? E la Polizia, che protezione ci ha dato?
- Non è escluso che fra i quattro più famosi (fra i quali il simpatico e innocuo “Cabu”) alcuni abbiano pensato – per deformazione professionale, alla vignetta del giorno dopo.
Qualsiasi cosa abbiano pensato, l’opzione b) è l’interrogativo che si scatenerà fra qualche giorno in Francia (dopo le inutili fiaccolate, marce per la pace con le candele, le marce anti-scioviniste, le marce anti-immigrati e gli ancora più inutili abbracci fra i leader religiosi delle varie confessioni, con l’Imam di Parigi che sarà naturalmente il più costernato. Inutili non perché giuste o lodevoli ma perché non stanno servendo a niente). A quel punto sarebbe davvero opportuno che il ministro dell’interno e il capo della polizia parigina, mano nella mano, si dimettessero, lasciando il posto a persone più capaci, per non essere riusciti a fornire la giusta protezione ad un sito così sensibile da aver ricevuto da parecchi anni continue minacce da parte del mondo islamico, nonché un tentativo di incendio (perfettamente riuscito) alcuni anni fa.
La triste verità, che sta gettando il popolo francese (o perlomeno coloro che si sentono orgogliosamente cittadini francesi) nello sconforto, è che – Egalité e Fraternité a parte – lo stato europeo per eccellenza (il più laico, il più centralizzato, il più severo nel punire l’intolleranza religiosa, legislazione alla mano) non è riuscito a proteggere uno dei suoi simboli culturali più importanti, la rivista Charlie Hebdomadaire, emblema stesso di quella Liberté (di espressione) che costituisce comune denominatore, codice genetico intellettuale e principale eredità culturale dell’Illuminismo transalpino. Ciò che è successo non sarebbe stato capito dagli Enciclopedisti d’Alembert et Diderot e sarebbe stato condannato con feroce ironia da Voltaire. Jean Jacques Rousseau, invece, spesso perseguitato per le sue idee, se ne sarebbe fatto una ragione.
Difficilmente chi non è francese e chi non è nato una quarantina o una cinquantina di anni fa può capire quale valore simbolico e di immaginario culturale collettivo rappresenti Charlie Hebdo per la Francia. Rappresenta quella “finesse d’esprit” e quel bisogno di fare ironia direttamente derivati da Voltaire. Bisogno che Cabu e altri esprimevano magistralmente disegnando vignette.
E la stampa europea e italiana, come hanno risposto a questo crimine perpetrato contro la libertà di stampa e le libertà di satira accettata in tutte le democrazie occidentali? (pensate solo a Crozza. Non mi risulta che abbia ricevuto minacce di morte dopo aver più volte satireggiato il Papa, senza parlare delle massime autorità istituzionali italiane).
In un paese dove la stampa ha le “palle” e dove si crede per davvero nella libertà di stampa e di espressione, i giornali quotidiani avrebbero dovuto, subito e collettivamente uscire con alcune pagine (iniziali) piene delle vignette di Charlie Hebdo (anche e soprattutto quelle dedicate all’Islam, a Maometto, ma anche al Papa, alla Vergine Maria, a Gesù – n.d.r. per le vignette sugli gli ultimi tre Charlie Hebdo non ha mai ricevuto minacce di morte).
E invece in Italia, la stampa asservita, foraggiata dalle tasse dei cittadini, a parte qualche coraggiosa eccezione, non ha avuto tale corale reazione e si è limitata a prime pagine prevedibili e di circostanza.
Il Berlinsger danese ha pubblicato tutte le vignette satiriche per le quali erano state ricevute minacce di morte e tante altre.
L’Independent britannico solo alcune, ma con in prima pagina una memorabile vignetta che farà storia nel mondo della grafica e che qui si allega.
Da un sondaggio di SKY News nel Regno Unito emerge che il 73% della popolazione è favorevole alla pubblicazione integrale delle vignette satiriche (nonostante i 3.5 milioni di mussulmani).
Mercoledì 14 gennaio Charlie Hebdo uscirà in Francia in un milione di copie, in parte finanziate da fondi governativi e da altri contributi di solidarietà. Il ricavato andrà alle famiglie delle vittime.
E la stampa ferrarese?
In nome della libertà di pensiero e di stampa, di critica e di legittimità della satira, e con senso di solidarietà nei confronti dei dieci giornalisti uccisi, invito la stampa locale a dedicare un intero inserto (con supplemento a ragionevole pagamento) alle vignette satiriche di Charlie Hebdo, fregandosene del politically correct e di altre ipocrite censure.
JE SUIS CHARLIE.
Prof. Claudio Fochi
Ferrara
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