Il tecnico-imprenditore ferrarese Gino Chiarini patteggia la pena per le accuse rivoltegli dalla procura di Venezia nell’ambito della maxi inchiesta sulle tangenti per la costruzione del Mose.
All’imprenditore 57enne – finito in carcere insieme ad altre 35 persone il 5 giugno scorso -, vicino all’impresa Mantovani e al Consorzio Nuova Venezia, è stato contestato il reato di millantato credito per avere fatto credere (assieme ad altri coindagati, Luigi Dal Borgo, Mirco Voltazza, Alessandro Cicero, Vincenzo Manganaro) di avere un ascendente sul pm di Udine Raffaele Tito che indagava sulla ditta Mantovani di Piergiorgio Baita sul Consorzio che stava costruendo il Mose, tanto da convincerlo ad ammorbidire la sua posizione in merito al ruolo delle aziende nell’inchiesta. Per tale finta intermediazione sarebbe stato ricompensato con cifre tra i 50 e i 200mila euro.
All’architetto ferrarese è contestato anche il reato di favoreggiamento per aver aiutato Mirco Voltazza, latitante e coindagato nel millantato credito, consigliandogli di espatriare dopo essere venuto a conoscenza di un ordine di cattura nei suoi confronti. Durante la latitanza, prima in Croazia e poi in Bosnia, Chiarini gli avrebbe fatto visita più volte, tenendolo aggiornato sugli sviluppi dell’inchiesta.