Non ha voluto sbilanciarsi il segretario provinciale Pd (intervistato ieri sera alla Festa dell’Unità di Barco) sul nome preferito per la candidatura a presidente della Regione. È certo però che vorrebbe un altro tipo di governo dell’Emilia Romagna: meno concertazione, sulla scia di quanto sta indicando il premier Renzi.
“La ricchezza delle proposta è molto ampia – ha detto a proposito della rosa di candidati: in pole position ci sono Bonaccini e Richetti –, e se alla fine le possibilità reali saranno numerose non sarà un organismo dirigente a scegliere”. Solo in caso di una “proposta molto forte, che goda del consenso di buona parte del partito” si potrà fare a meno delle primarie.
Ma quello che Calvano dice di voler cambiare è “la modalità di governo con cui l’Emilia Romagna si è finora regolata, che è quella di metter d’accordo tutti. Spesso si sono prese decisioni solo se Cgil, Cisl, Uil, Confindustria e Cna erano d’accordo, ma in alcuni casi servono rotture, serve anche il conflitto”, ha invocato. Quello col principale sindacato italiano, in particolare, “non è un rapporto semplice, ma può essere da stimolo perché anche le organizzazioni dei lavoratori cambino. Sennò ti capita il Chiti del caso con cui l’unico modo per andare d’accordo è non fare nulla”.
È infatti con l’ex presidente della Toscana, oggi senatore dem, Vannino Chiti che se l’è presa il segretario nei suoi interventi sui temi nazionali, in particolare sulla riforma della Costituzione: Chiti è – insieme ad altri come Corradino Mineo e Felice Casson – tra i parlamentari dem contrari a un Senato non elettivo quale si presenta nel disegno di legge governativo. “Una parte estremamente minoritaria del Pd non si rende conto della responsabilità che i cittadini ci hanno assegnato: dopo anni che diciamo che il bicameralismo va superato qualcuno, di nuovo, si permette di alzare la mano e dire che non è d’accordo. Ancora? – si è chiesto Calvano –. La posizione del gruppo è stata definita in 70 ore di dibattito, e lo stesso Chiti nel ’97 pubblicò un comunicato per dire che bisognava fare una riforma di questo tipo. Ho l’impressione che lo faccia – ha bacchettato – perché è andato in Parlamento senza passare per le parlamentarie, altrimenti non so se tornerebbe a raccontare nel proprio territorio le sue scelte”.
Al tempo stesso, però, i dem vogliono tenere fede al patto con Berlusconi, una scelta che non entusiasma tutta la loro base (bastava ascoltare ieri sera il bofonchiare di molti fra i cinquanta presenti quando si parlava del tema). “L’accordo non è con Berlusconi – ha spiegato Calvano –, ma con i sette-otto milioni di Italiani che l’hanno votato. Le riforme devono essere fatte coinvolgendo il più ampio spettro possibile, anche se certamente spero per questo paese che anche la destra acquisisca un’immagine un po’ più europea: ci manca una destra vera, liberale”.
Tornando alle cose di casa nostra, Calvano ha anche risposto alla lettera inviata dal responsabile del Dipartimento Formazione dell’Udc Andrea Rossi ai media, in cui invita gli assessori appena nominati a non correre verso Bologna per un ruolo da consigliere o assessore. “Rossi forse avrebbe voluto essere rosso, far parte del Pd – ha celiato dapprima il segretario –, ma se qualcuno può dare il proprio contributo adun altro livello è legittimo che lo faccia. Forse l’Udc è un po’ invidioso del fatto che la scelta è fra persone cresciute nel Pd e che oggi rappresentano energia pura per le istituzioni”.
In Regione invece Calvano avrebbe preferito fare il segretario del Partito, ma il congresso è stato rinviato per l’avvio della campagna elettorale. Lui l’ha presa con sportività: “A volte si vince, a volte si perde e a volte piove”.
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