Si presenterà questa mattina davanti al giudice per l’udienza preliminare Sergio Amatiello, l’ufficiale del Noe condannato in primo grado a due anni e due mesi per tentata concussione nella vicenda Niagara. Questa volta il carabiniere dei Noe, per quasi dieci anni comandante del nucleo operativo ecologico dell’Arma, deve rispondere di rivelazione di segreti d’ufficio. Al militare è contestato un fatto risalente al 20 febbraio del 2009.
In qualità di luogotenente del Nucleo operativo ecologico di Bologna, era incaricato delle indagini su una ditta ferrarese che tratta rottami ferrosi e metallici. In quel frangente avrebbe rivelato al proprio avvocato, legale della ditta sotto inchiesta, notizie attinenti le indagini coperte da segreto. Al telefono avrebbe confidato all’avvocato di fiducia che la ditta in questione aveva violato le prescrizioni inerenti il sequestro di un impianto utilizzato per produrre rifiuti ferrosi.
Al telefono Amatiello parla, in tono scherzoso, di “tranciare le gambine” e di “mandare in galera quello” (l’imprenditore oggetto dell’accertamento, ndr), che “c’ha tutte le fatture della roba che ha venduto” (e che non poteva emettere dal momento che l’impianto risultava bloccato). In sostanza l’ufficiale avrebbe avvertito l’avvocato che, attraverso un’ispezione, aveva scoperto che il suo cliente aveva commesso dei reati.
Quella telefonata venne intercettata nell’ambito delle indagini che gli stessi carabinieri (del nucleo investigativo di Ferrara) stavano svolgendo sul caso Niagara. Fu l’avvocato difensore della Niagara, Fabio Anselmo, a darne notizia. Lo fece nel corso di un altro processo, quello di Bologna che finì nel gennaio 2013 con la condanna di Amatiello e degli altri due coimputati, il luogotenente dei carabinieri Vito Tufariello e l’imprenditore Marco Varsallona. Nell’udienza preliminare del 29 maggio 2010 Anselmo accenna a quella conversazione, parlando di rapporti poco chiari tra indagato (Amatiello) e il suo difensore nella gestione delle indagini di polizia giudiziaria. L’avvocato in questione denuncerà Anselmo all’ordine. Stessa cosa ha fatto Amatiello, che spiega quella conversazione come “una telefonata che segue una ispezione in elicottero operata dal Noe, visibile e manifesta all’allora indagato, la cui azienda era sotto sequestro”. Alla vista dei militari – continua la spiegazione dell’imputato – i dipendenti hanno provato a bloccare il macchinario che era sotto sequestro e che quindi non doveva essere in funzione. Al telefono quindi il luogotenente avrebbe tentato di carpire informazioni dal difensore, non di facilitarlo.
Nel corso dell’ultima udienza, lo scorso 21 febbraio, il sostituto procuratore Nicola Proto ha chiesto il rinvio a giudizio dell’ufficiale. Oggi il giudice si pronuncerà nel merito.