Cronaca
1 Maggio 2014
La squadra mobile esegue un mandato di arresto internazionale dell'Interpol. L'avvocato: "Persecuzione politica"

Dall’accusa di pedofilia al prete all’arresto per droga

di Redazione | 3 min

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admin-ajax (15)Da un mandato di arresto internazionale dell’Interpol al caso del prete ferrarese accusato di pedofilia. Due vicende in apparenza lontanissime tra loro ma che si sono allacciate ieri, 29 aprile, durante l’ultima operazione della squadra mobile della polizia di Ferrara. Che ha arrestato l’accusatore del parroco – nonchè padre della presunta vittima di pedofilia – per un traffico di stupefacenti eseguito nel 2006 in Serbia, quando avrebbe spacciato marijuana a Belgrado. Ma un nuovo colpo di scena era già in agguato nelle aule della corte di appello di Bologna, che ha ridimensionato l’ammontare del ‘traffico illecito’ a qualche grammo, decidendo così di rimettere l’uomo in libertà. Un fatto che secondo l’avvocato Giovanni Montalto getta parecchie ombre sul mandato di arresto internazionale, dal momento che il suo assistito si è sempre presentato in Italia come rifugiato politico.

L’uomo, un cittadino serbo di 36 anni, era già conosciuto alle forze dell’ordine per alcuni precedenti (ad esempio per un caso di guida senza patente), ma soprattutto per il “doppio processo” che lo vede tuttora contrapposto al prete ferrarese. Una vicenda che cominciò quando arrivò con la famiglia nella provincia estense, trovando ospitalità nell’abitazione del ‘don’. La convivenza si rivelò ben presto problematica e il religioso chiese ai tre – madre, padre e figlioletto – di cambiare sistemazione. Ne venne fuori una causa civile vinta dal prete, che tuttavia non riuscì ad allontanare la famiglia serba. Poco tempo dopo le tensioni portarono le due parti in tribunale: il 36enne affermava che il figlio era stato molestato sessualmente durante una festa di compleanno dal parroco, che a sua volta denunciava il proprio accusatore di averlo ricattato per evitare lo sfratto (“Se mi sfratti ti denuncio per pedofilia”, avrebbe detto l’uomo al don).

A queste vicende si aggiunge ora un inatteso sviluppo: la squadra mobile di Ferrara è venuta a conoscenza di un mandato di arresto internazionale verso il cittadino serbo e lo ha arrestato a Porotto, nell’abitazione dove si era da poco trasferito con la famiglia. Gli agenti spiegano che l’uomo non ha opposto resistenza, non aspettandosi di essere ‘beccato’ per un fatto ormai così lontano geograficamente e cronologicamente. Al momento dell’udienza per la convalida dell’arresto, forze dell’ordine e giudici si trovano però di fronte a un dato inaspettato: secondo la documentazione del tribunale, l’ammontare del traffico illecito sarebbe talmente ridotto (meno di tre grammi di marijuana) da non giustificare alcun mandato di cattura internazionale. L’uomo è stato quindi rimesso in libertà, con l’obbligo di firma in questura, in attesa che il tribunale faccia chiarezza sulle quantità di droga ceduta per cui è ricercato in patria.

Nel frattempo l’avvocato Montalto si mostra ancora più perplesso dal mandato di cattura internazionale, ma questa volta per una questione di tempistiche. “Da quanto si legge nei documenti ufficiali – spiega l’avvocato – i fatti sarebbero avvenuti nel 2007, ma il mandato di cattura è stato emesso a Belgrado solo il 25 dicembre del 2013. Considerato il lasso di tempo tra il reato e l’emissione della misura cautelare, e che quando il mio cliente arrivò in Italia chiese asilo politico sostenendo di essere perseguitato dalle autorità politiche del suo Paese, credo che possa davvero nascere qualche dubbio su questo mandato di cattura”. Lo Stato italiano non ha mai concesso l’asilo politico richiesto dal 36enne, la cui posizione è ancora in fase di valutazione. Ma proprio alla luce di quanto appena avvenuto, secondo Montalto, le istanze del proprio assistito sono da leggere in una nuova ottica.

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