di Eleonora Manfredini
Il corpo delle donne nella pubblicità”, questo il nome del progetto organizzato da Fidapa BPW Italy sezione di Ferrara (Federazione Italiana Donne Professioni e Affari) e patrocinato dal Comune Estense.
Cinque conferenze per i giovani, per indirizzarli verso un’analisi critica delle immagini femminili proposte negli spot pubblicitari, attraverso approcci interdisciplinari.
Quarto incontro ieri mattina al Liceo Ariosto sul tema della “Pubblicità e della Legalità”. Maria Grazia Suttina, presidente della sezione Fidapa di Ferrara ha introdotto l’ospite dell’incontro odierno davanti alle tre classi quinte della sezione linguistica del Liceo.
Il microfono era per il magistrato Maria Silvia Giorgi, per affrontare il tema del corpo femminile all’interno della comunicazione pubblicitaria da un punto di vista legale: “Una regolamentazione legislativa della pubblicità è ancora lontana da raggiungere a livello effettivo. C’è l’articolo 10 che invita a non produrre spot con al proprio interno elementi di discriminazione di sesso, razza, genere. Nonostante questo articolo disciplini alcuni aspetti, è sufficiente sfogliare un giornale o fare zapping in televisione per accorgersi di quanto in realtà siano numerose le pubblicità sessiste e offensive per la figura femminile. Quanti sono i messaggi distorti che influenzano i modelli di pensiero e comportamento?”.
Le pubblicità parlano ai giovani e alla società. Attraverso le immagini parlano dell’amore, delle relazioni con il prossimo, dell’approccio con il mondo del lavoro. Réclame che veicolano messaggi su chi siamo o su chi dovremmo essere. Immagini stereotipate. Spot creati spesso da uomini, che hanno come protagoniste figure femminili, alle quali viene affidato il compito di reclamizzare prodotti per donne.
“Donne il cui corpo viene trasformato in un oggetto, donne disumanizzate, tramutate attraverso le immagini in una bottiglia o in un video gioco, a seconda dell’oggetto da vendere- prosegue la Giorgi – Donne che vengono ‘modificate’ fino a mostrare un ideale, un ideale di perfezione, di magrezza, bellezza e sensualità che nella realtà non esiste. Questa enfatizzazione eccessiva diviene un problema di salute pubblica. L’ossessione della magrezza e la tirannia della bellezza provocano un abbassamento dell’autostima. Sono tante le pubblicità in cui viene proposta solo una parte del corpo femminile, un corpo che può essere mostrato ‘a pezzi’ è un corpo disumanizzato. Un corpo che non viene rispettato e che può essere quindi facilmente vittima di violenze”.
Maria Silvia Giorgi propone alcune slides: una carrellata di pubblicità che mostrano la donna nei suoi vari aspetti, tentando di far riflettere su come questa venga sempre etichettata, veicolando così un messaggio sessista. Due i modelli proposti maggiormente nelle réclame, i due stereotipi femminili da sempre in antitesi nelle società patriarcali: la casalinga, ovvero l’angelo del focolare e la ‘malafemmina’. La donna come dovrebbe essere e come la si vorrebbe.
Le prime pubblicità riguardanti la figura femminile mostravano solo casalinghe, donne che si prodigavano nelle faccende domestiche o nella preparazione dei pasti per tutta la famiglia. Anche queste immagini erano fortemente sessiste: mostravano la figura della donna come ci si aspettava che fosse.
Poi vi è stata l’emancipazione delle donne che sono divenute non più solo … di casa. È mutata l’immagine con cui la figura femminile veniva proposta. Bella, ma non sensuale. Non più solo casalinga. Vestita in abiti eleganti, rappresentata spesso come madre.
Si finisce oggi con le pubblicità della donna vista come oggetto di desiderio e di piacere. Con connotazione negativa e fortemente sessista, una figura proposta come un elemento passivo atto a soddisfare i bisogni dell’uomo. L’erotizzazione del corpo. Figure femminili seminude e associate al concetto di “immoralità”. La donna che istiga alla trasgressione.
Maria Silvia Giorgi invita a riflettere anche sulle pubblicità dell’infanzia. “Un fenomeno a cui bisogna prestare attenzione. Questa tendenza a voler erotizzare tutte le immagini, a mostrare i bambini come piccoli adulti e le bambine come piccole ‘Lolite’ ha conseguenze pericolose, come ad esempio l’istigazione alla pedofilia”.
La relatrice propone a conclusione anche alcune immagini su modelli differenti di pubblicità, non sessista, che mostrano la donna nella sua ‘normalità’, al di là degli stereotipi che la dipingono in maniera distorta. La donna manager, la donna determinata, per riscattare l’immagine femminile nell’immaginario collettivo. Un immaginario collettivo forse troppo radicato e fomentato dai costumi attuali. Un processo lento e complicato di abbattimento delle barriere per cui Fidapa si prodiga: dimostrare che la donna non è solo casalinga o Fèmme Fatale, ma è soprattutto una persona a 360°, con interessi e con un lavoro. Un lavoro in cui deve spesso combattere le discriminazioni per dimostrare le proprie capacità ed essere accettata come professionista.
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