Cronaca
11 Febbraio 2014

Appaltopoli, il pg vuole 12 condanne

di Marco Zavagli | 3 min

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Inchiesta Pma. La Procura si affiderà anche a un medico legale

Oltre ai consulenti informatici già incaricati, nell'inchiesta relativa al Cento di Procreazione Medicalmente Assistita dell'ospedale del Delta di Lagosanto, la Procura di Ferrara nominerà anche un medico legale. Il professionista avrà l'importante compito di accertare eventuali profili di responsabilità che, allo stato attuale, gli inquirenti ipotizzano a carico dei sanitari coinvolti

admin-ajax.phpIl procuratore generale Miranda Bambace ha chiesto due anni per Enrico Pocaterra (allora responsabile dell’Ufficio Infrastrutture del Comune di Ferrara, oggi mobility manager e dirigente del servizio Mobilità e traffico, condannato in primo grado a otto mesi) e un anno e 8 mesi per gli imprenditori, assolti invece dal tribunale di Ferrara. È l’esito della requisitoria tenuta ieri presso la Corte d’Appello di Bologna per il secondo grado del processo Appaltopoli. In primo grado la pm Patrizia Castaldini aveva chiesto due anni e mezzo per il dirigente comunale e due anni per gli imprenditori coinvolti (Sergio Ambrosone di Tubi Costruzioni; Francesco e Riccardo Roccati di Robur Asfalti; Luigi Bertoncelli; Giancarla Lavezzi ed Ernesto Valentini, Eredi Fantoni; Umberto Baraldi di EuroTech; Nicola Lincetto di Ics Conglomerati; Enrico Petelio di Sintexcal; Stefano Ferrari di Ferrari Strade; Paolo Moretti della Moretti).

Secondo l’accusa le varie imprese coinvolte erano riuscite a formare una specie di “cartello” per spartirsi 28 lavori pubblici nelle circoscrizioni – per quasi 1 milione di euro – affidati direttamente nel corso del 2005 e 2006 dall’assessorato competente.

A tessere le fila dei contatti tra chi voleva gli appalti (imprese) e chi aveva la facoltà di scegliere l’affidatario (l’ufficio Infrastrutture del Comune di Ferrara), sarebbe stato Enrico Pocaterra, dirigente dell’assessorato ai Lavori pubblici. Fu Pocaterra, secondo l’accusa, ad assegnare alle ditte lavori con affidamento diretto, una prassi consolidata e del tutto regolare. Il problema è che dietro a tutto ciò la procura vedrebbe un accordo sottobanco tra il funzionario e le aziende per assicurare la spartizione degli appalti ed evitare così corse al ribasso che non avrebbero certo favorito le casse degli imprenditori.

In sostanza tutto veniva deciso prima ancora dell’invio delle lettere di partecipazione alle gare: chi partecipava sapeva già chi avrebbe vinto e quando sarebbe stato il proprio “turno”. A confermare il teorema accusatorio è stata Maria Amoruso, la “grande accusatrice”. Secondo la deposizione della funzionaria del settore Lavori pubblici del Comune di Ferrara (deposizione sposata completamente dal pubblico ministero), la spartizione sarebbe avvenuta attraverso un diagramma (il “foglione”, come verrà ribattezzato in corso di dibattimento), nel quale erano segnati con uno “zero” gli imprenditori invitati alle gare e con un “uno” quelli che avrebbero dovuto vincere”.

Il pg – probabilmente anche alla luce della condanna per stalking della Amoruso http://www.estense.com/?p=248394, ha spostato il baricentro dell’accusa, incentrandolo sulla caratteristica dei lavori svolti: non era necessario frazionarli e anzi un unico appalto avrebbe avuto anche vantaggi per il Comune di Ferrara.

Un altra prova sulla base della quale la Bambace chiede la riformulazione del verdetto di primo grado è il fax arrivato sul tavolo dei presidenti di circoscrizione. A questo si aggiunge lo schema-Pocaterra, con la lista delle aziende cui assegnare a tavolino i mini-appalti.

Per le difese invece quelle prove non sono svincolate dalle dichiarazioni della Amoruso.

Per venerdì è attesa la sentenza.

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