Cronaca
23 Gennaio 2014
Depositate le conclusioni della perizia sull'omicidio

‘Barto’ non è morto per un pugno

di Marco Zavagli | 3 min

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admin-ajax.phpNon fu quel punto ‘da pugile’ sferrato al mento ad uccidere Andrea Bartolini. Il 45 ferrarese deceduto lo scorso 15 novembre all’ospedale di Cattinara di Trieste morì in seguito a una emorragia dovuta alla rottura della milza, causata a sua volta dalla frattura di due costole. Un trauma “compatibile con l’azione di un corpo contundente animato quale può essere un calcio”.

Sono le conclusioni cui è giunto il medico legale Fulvio Costantinides, incaricato dalla procura giuliana di far luce sulle cause del decesso che vede indagato il 34enne Francesco Semeraro. Il 45enne ferrarese. disegnatore web trasferitosi a Trieste per convivere con la fidanzata (che vive a poca distanza dal locale teatro dello scontro fatale), ebbe uno scontro con il 34enne fuori del bar “Tie Break” di via dei Moreri, a Trieste.

Secondo la versione fornita dall’indagato al pm Federico Frezza, questi, dopo essere stato insultato da Bartolini, che nono conosceva, reagì sferrandogli un pugno alla base della mascella. “In questo modo si interrompe il flusso sanguigno al capo e la persona cade”, spiegò agli inquirenti. Una volta caduto gli sferrò un calcio nello stomaco. Poi l’aveva rialzato e vedendo che si era ripreso se ne andò. Notando però dopo pochi passi che il 45enne cadde di nuovo a terra. Semeraro – pugile agonistico – ha sostenuto che prima di quello scontro fatale aveva notato dei vistosi segni di colluttazione sul volto di Bartolini (“aveva dei segni sul volto, tutta la parte sinistra del viso grossa come una zampogna, piena di sangue”). Barto venne poi ricoverato in ospedale e operato d’urgenza. I medici gli asportarono la milza, spappolata, ma nonostante l’intervento morì dodici ore dopo il ricovero.

Una dei testimoni però ha riferito di aver visto Bartolini venir colpito da un paio di pugni e cadere sbattendo il capo su di una vettura in sosta. A quel punto l’altro lo avrebbe colpito con dei calci (“tanti e violenti”) una volta a terra: “dopo le sue urla l’uomo desisteva e lei aveva chiamato il 118 per un uomo a terra, ma poi l’aveva visto rialzarsi, per ricadere ancora a terra poco dopo”. Prima la stessa donna aver visto Bartolini cercare di colpire l’avversario con una testata e con un pugno, che l’altro aveva schivato.

Secondo Costantinides il trauma alla testa non è rilevante nell’ambito del decesso, dal momento che il capo presentava “modeste lesioni contusive (fra cui la frattura delle ossa nasali)” ed è difficile (mancava lo stesso tempo materiale tra l’uscita dal bar con gli amici, che lo avevano lasciato ‘integro’ e l’incontro con Semeraro) che Bartolini possa aver ingaggiato con qualcun altro una colluttazione. La consulenza infatti ritiene improbabile la versione dell’indagato, secondo il quale il 45enne era già stato ferito in precedenza, dal momento che non presentava lesioni alle mani. E la stessa autopsia smentisce le dichiarazioni relative alla parte sinistra del viso descritta come “grossa come una zampogna piena di sangue.

Il medico legale pone quindi l’attenzione alla milza della vittima, affetta da splenomegalia (rigonfiamento eccessivo), dovuta ai problemi che l’uomo aveva al fegato. In una tale situazione la milza è meno protetta dalla gabbia toracica rispetto alle condizioni normali. E infatti si troveranno due costole rotte proprio in corrispondenza della milza, frattura dovute a “corpo contundente animato (un calcio magari di punta)”.

Dunque appare ben plausibile, in definitiva – conclude la consulenza -, che un calcio abbia portato al decesso del signor Bartolini, nonostante le rapide terapie del caso. E non sono stati viste chiare evidenze di calci multipli addominali (e l’indagato ha riferito invero di un solo calcio). Resta da chiedersi il perchè l’indagato, una volta ottenuto il previsto accasciarsi del signor Bartolni a terra dopo il pugno sferrato “ad arte” al mento, abbia poi proseguito prendendo a calci (quanto meno uno) il signor Bartolini già a terra, con quello che poi ne è conseguito”.

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