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Ha voluto raccontare solo oggi la sua storia di dolore e quella subìta da sua madre, violentata e messa incinta a 14 anni da un parroco della provincia di Ferrara, don Pietro, nella speranza che altre vittime di abusi subiti da persone appartenenti al mondo ecclesiastico “possano trovare il coraggio di uscire allo scoperto e denunciare”. Sono tanti i messaggi di solidarietà giunti telefonicamente e su Facebook al 33enne ferrarese Erik Zattoni, il figlio di quel rapporto sessuale avvenuto contro la volontà della madre, che ai microfoni de Le Iene di Italia 1 ha raccontato la drammatica vicenda, dell’iter per provare la paternità e dei tentativi di ottenere giustizia dalla chiesa chiedendo che quel parroco, suo padre, vennisse almeno ridotto allo stato laicale.
Una storia che ha raccontato anche a Estense.com, dopo essere stato raggiunto telefonicamente, aggiungendo diversi particolari di una battaglia che lo ha portato ad appellarsi oggi a Papa Francesco, dopo aver ricevuto porte in faccia e silenzio dagli ambienti della chiesa.
Per quale motivo, Erik, la procura non venne interessata di questa vicenda che vedeva vittima sua madre?
“Mio zio e mia madre si rivolsero a un avvocato, con l’intenzione di fare causa, ma le minacce di sfratto (la casa in cui viveva la famiglia, numerosa, era della curia) e le difficoltà economiche che non avrebbero permesso di sostenere le spese legali hanno indotto loro a rinunciare. Lo sfratto è comunque arrivato tra febbraio e marzo del 1987. Oggi non è più possibile procedere, in quanto il reato è caduto in prescrizione, sia per la legge italiana che per il diritto canonico. E questo nonostante la sentenza del settembre 2011 con la quale il tribunale dichiara, grazie all’esame del dna, che don Pietro è mio padre. Si potrebbe agire con una causa civile per il riconoscimento economico dei danni, ma al momento non ho possibilità di sostenere i costi”.
Quando ha saputo di ciò che aveva subìto sua madre?
“L’ho praticamente sempre saputo, fin da quando ero piccolo. Con mia madre però ne ho parlato apertamente solo nel 2008, perché non mi azzardavo a rievocare un episodio dal quale stava cercando di uscire faticosamente e dal quale non uscirà mai completamente. Mi ha raccontato e ho poi fatto richiesta affinché venisse riconosciuta la paternità del parroco, attraverso l’esame del dna appunto. Lui è rimasto prete fino a ottobre del 2012, poi è stato messo in pensione e ora, date le sue condizioni di salute, si trova in una casa di riposo”.
Aveva già incontrato prima suo padre? Gli aveva parlato?
“Poco prima del processo che ha provato la sua paternità l’ho incontrato per informarlo di cosa intendevo fare. Lui ha detto di non sapere niente, che se mia madre era rimasta incinta poteva essere chiunque della mia famiglia, che se io avessi fatto i miei passi lui avrebbe fatto i suoi. Dopo il risultato del test del dna e la sentenza l’ho incontrato nuovamente, ma è rimasto dapprima in un silenzio imbarazzato, per poi dire che aveva perso la testa, che quello era stato un attimo di follia e che con la confessione aveva chiesto perdono a Dio e si trovava in pace con la sua coscienza. Peccato però che non abbia mai realmente chiesto scusa a mia madre, se non con una lettera in cui sembra quasi ammettere con il condizionale ciò che è avvenuto”.
Le Iene hanno provato ha interpellare in merito alla vicenda anche il vescovo di Ferrara, Luigi Negri…
“Le sue parole si commentano da sole, allucinanti. Lo stupro non è sufficiente… Io non riesco a capire cosa debba fare un uomo della Chiesa per essere ridotto allo stato laicale più di quanto abbia fatto don Pietro”.
Cosa pensi di fare ora, dopo aver reso pubblica la vicenda?
“Continuerò a parlarne e a coinvolgere gli organi di informazione. Se necessario tornerò a Le Iene. Voglio rendere giustizia a mia madre ed è giusto che altre persone vittime di abusi trovino attraverso il mio contributo il coraggio di uscire allo scoperto”.
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