La cultura per “ricordare” ma anche per “costruire e da usare come strumento di dialogo fra gli stati”. Sono le parole d’ordine del ministro dei beni culturali Massimo Bray, in visita a Ferrara per aprire la mostra dedicata a Zurbarán ma che al mattino ha visitato anche la mostra “Immagine e persuasione” -allestita al Palazzo Trotti-Costabili e dedicata alla pittura sacra del Seicento- e il Meis per poi visitare nel primo pomeriggio il Baluardo dell’Amore.
Arrivato in treno, in leggerissimo ritardo rispetto alla tabella di marcia, alle 12,30 il ministro ha visitato prima la mostra di Palazzo Trotti-Mosti, seguendo con estrema attenzione le spiegazioni di Giovanni Sassu, curatore dell’esposizione. Poi un piccolo fuori programma, niente auto per farsi accompagnare fino al Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah, ma una passeggiata dentro il centro storico, passando per il mercato in Corso Martiri della Libertà, fermandosi anche a scattare qualche foto (col suo smartphone) di una Ferrara che “dà la sensazione di armonia ed equilibrio delle forme”. Il percorso svolta per il chiostro di San Paolo, che il ministro sbircia dalle sbarre del cancello, e poi si addentra fino a via del Turco dove l’intonaco di una casa –in evidenza rispetto agli altri edifici- gli fa chiedere, sia al sindaco Tiziano Tagliani che alla sovrintendente per i beni architettonici e culturali Carla di Francesco: “ma avete permesso questo rosa?”.
Si arriva poi al Meis. Ma la promenade per il centro cittadino non è l’unico fuori programma: per entrare nel Meis passa dalla porta sul retro, cogliendo impreparati gli organizzatori. “Sono molto contento –afferma il ministro dopo aver ascoltato con attenzione Riccardo Calimani, presidente della Fondazione Meis e Tagliani -, sento quest’opera come qualcosa che ci appartiene e come un segno di attenzione dello Stato verso la cultura (il Meis è stato inserito all’interno del decreto Valore Cultura, ndr), un luogo in cui riprendere la capacità da tempo persa di capire gli errori fatti nei secoli verso una comunità importante”. La cultura è per Bray anche “strumento di pace che serve per costruire e forse un domani potrà far dialogare gli Stati fra loro” oltre che un’opportunità per l’economia: “dobbiamo investire sul turismo, valorizzando i nostri beni naturali e culturali”.
Durante il percorso, il ministro osserva con curiosità quel che rimane del vecchio carcere, fa domande, si addentra in spazi che la visita non prevede, guarda con attenzione le celle e i luoghi trasformati in un set per la fiction di Sky Gomorra e poi si passa per il “corridoio verde”, con l’erba tagliata e un po’ di polvere, per arrivare finalmente a visitare la palazzina ristrutturata. Ma prima, durante la passeggiata, una domanda alla sovrintendente Carla Di Francesco: “è prevista la realizzazione di un luogo di studi e di ricerca?”. Domanda che si trasforma in una richiesta: “questo deve essere un laboratorio, non solo un museo, per questo vi chiedo di instaurare un legame con l’Università”. Richiesta che in realtà dovrebbe essere esaudita, dato che nel progetto del museo l’ultimo piano dovrebbe essere dedicato proprio alla realizzazione di un centro studi e aule didattiche.
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