Eventi e cultura
11 Settembre 2013
Le immagini dell’allestimento della mostra che inaugura a Palazzo Diamanti

Zurbaran porta il siglo de oro a Ferrara

di Marco Zavagli | 3 min

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(foto di Elena Bertelli)

Protagonista del siglo de oro al pari di Velasquez, anche se la fortuna non eguagliò quella del vecchio amico di apprendistato a Siviglia, Francisco de Zurbarán avrà a Ferrara il suo piccolo riscatto. Nella prima mostra mai dedicata in Italia all’artista, Ferrara Arte e il Centre for Fine Arts di Bruxelles (dove la monografica traslocherà dal 29 gennaio al 25 maggio) presentano una raffinata rassegna delle più significative opere del maestro del barocco iberico, strappate a musei e collezioni private europee e americane, alcune delle quali mai uscite dai confini nazionali, come il San Nicola da Bari fino ad oggi ‘recluso’ nel monastero di Guadalupe.

Quello che si presenterà ai visitatori dal 14 settembre al 6 gennaio 2014 è un artista che ha saputo reinterpretare in maniera originale l’arte iconografico medievale, “traducendo gli ideali religiosi dell’età barocca – per usare le parole del curatore Ignacio Cano -con invenzioni grandiose e al contempo quotidiane, plasmando forme di una tale essenzialità, purezza e poesia, da toccare profondamente l’immaginario moderno”. Non a caso l’insegnamento di Zurbaràn arriverà alle tele di illustri successori: da Manet a Morandi, fino a Picasso e Dalí.

Ma forse anche lo stesso Zurbaràn ha studiato i suoi predecessori e contemporanei. A cominciare da Caravaggio, conosciuto forse attraverso copie e incisioni, del quale richiama la tenebrosità in rappresentazioni come Il Cristo crocefisso o San Francesco nella tomba. E forse anche Rubens, suo contemporaneo, con il viso dell’Ercole che ricorda i rubicondi eroi del maestro belga. E anche, azzardiamo, il Mantegna di Palazzo Te, con un tutto particolare trompe-l’œil che segue il visitatore nelle opere che abbellirono la dimora dei re di Spagna.

Tutti motivi che hanno spinto la direttrice delle Gallerie d’Arte Moderna di Ferrara Maria Luisa Pacelli a scommettere su una mostra che, “vuole far scoprire un pittore quasi sconosciuto in Italia, tranne che per gli addetti ai lavori, ripercorrendo le felice scelte fatte in passato con Derain e Chardin”.

Nelle sale ancora in fase di allestimento a Palazzo Diamanti si scorrono in rassegna cronologica le opere del pittore spagnolo partendo dalle prime esperienze nell’atelier di Siviglia (come il San Serapio, la Visione di San Pietro Nolasco o il più tardo San Francesco), segnate da un luminismo drammatico e contrastato, ai quadri a tema profano eseguiti per il palazzo del Buen Retiro alla corte di Madrid, come La lotta di Ercole contro il leone di Nemea. Vengono quindi le grandi figure di santi e profeti, fino alla produzione degli ultimi anni, come il Cristo crocifisso con un pittore, “dove Zurbarán – spiega Cano – crea una delle sue invenzioni più originali ed enigmatiche che ha diviso la critica: secondo alcuni, il personaggio in contemplazione del crocifisso potrebbe essere un autoritratto dell’artista, mentre altri invece pensano si tratti dell’evangelista-pittore san Luca”.

In mezzo si passa dal drammatico San Francesco con teschio nella tomba, dove la maestria di Zurbaràn si esalta nel gioco di luce ed ombra che disegna la figura del santo, e le particolarissime scene evangeliche calate in una atemporale dimensione domestica (l’Immacolata Concezione bambina e la Casa di Nazareth su tutte).

Da ammirare anche le nature morte, “una delle punte più avanzate nella direzione del rinnovamento formale”, sottolineano i curatori, come Una tazza d’acqua e una rosa su un piatto d’argento e Agnus Dei.

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