Cronaca
8 Aprile 2013
Anastasia: “Sospendere la pena fino a quando non potrà essere eseguita nelle giuste condizioni”

Carcere, la soluzione Antigone

di Redazione | 3 min

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ibs“La detenzione non serve alla rieducazione, ma funziona perfettamente come rassicurazione”. A parlare in toni così duri, smontando le ipocrisie legate alla valenza ideologica della carcerazione, è Stefano Anastasia, presidente dell’associazione Antigone, impegnata per i diritti e le garanzie del sistema penale, docente a Perugia di filosofia e sociologia. Invitato a Ferrara per presentare il suo ultimo libro – “Metamorfosi penitenziarie”, pubblicato a marzo con Ediesse –, Anastasia ha sintetizzato per il pubblico della libreria Ibs alcuni tra i nodi centrali contenuti nel volume: la dimensione simbolica della pena, l’influenza della politica nei confronti dell’opinione pubblica, la carcerazione di massa attuata in Italia a partire dai primi anni Novanta, la recente stabilizzazione nel numero di arresti annui come conseguenza della crisi economica in corso.

“Abbiamo seguito e applicato gli slogan che arrivavano dall’America”, ha spiegato Anastasia: “tolleranza zero” e “tre colpi e sei fuori”, metafora rubata al baseball per sottolineare la certezza della pena. Abbiamo reso l’indulto e l’amnistia strumenti praticamente inaccessibili, è più facile cambiare la Costituzione che arrivare alla loro approvazione. Abbiamo istituito la legge Cirielli sulla recidiva, reso difficoltoso l’accesso alle misure alternative alla reclusione. Ci ritroviamo adesso con 66mila detenuti in un sistema pensato per 45mila, quindi con 21mila persone che vivono ristrette senza un posto letto regolamentare. Cosa significa? Che la pena oggi è quello che è sempre stata, quello che sempre sarà: violenza e degradante esclusione”. Anastasia si è mostrato estremamente disilluso sull’applicabilità del terzo comma dell’articolo 27 della Costituzione, quello che sancisce la finalità rieducativa della pena: “il carcere non è funzionale rispetto a quanto dichiarato a livello legislativo, ma assolve perfettamente il compito attribuitogli dalla società: offre rassicurazione e rimozione, elimina dalla vista della gente gli elementi considerati fattori di disturbo”. Sul punto è intervenuto anche Marcello Marighelli, garante dei detenuti per la casa circondariale dell’Arginone: “sicuramente mancano i mezzi, la crisi c’è. A Ferrara ad esempio il luogo adibito alla rieducazione dei detenuti attraverso il lavoro è inagibile dal maggio scorso. Bisogna riflettere per trovare modalità di pena alternative alla reclusione. E soprattutto bisogna pensare alla vera emergenza: fare in modo che siano concretamente vietati all’interno delle carceri i trattamenti disumani, per i quali l’Europa già ci ha sanzionato”. La proposta di Anastasia è semplice: “sospendere la pena fino al momento in cui la stessa potrà essere eseguita nelle giuste condizioni”. Il moderatore Andrea Pugiotto – docente di diritto costituzionale della Facoltà di giurisprudenza di Ferrara, impegnato da anni sul tema della carcerazione – ha ribadito: “si va in prigione perché si è puniti, non si va in prigione per essere puniti”.

Ad accompagnare l’evento il banchetto allestito per raccogliere le firme a favore dell’introduzione del reato di tortura, per una maggiore tutela dei diritti dei detenuti, per una legge sulle droghe meno punitiva dell’attuale Fini-Giovanardi.

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