Politica
3 Novembre 2012
Meloni, della segreteria nazionale: “Parole che ricordano linguaggio squadrista e omofobo della destra postfascista e leghista”

Da Roma il Pd chiede le dimissioni di Marattin

di Marco Zavagli | 3 min

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Marco Meloni

“L’unico, e ineludibile, passo che possa ridare dignità al nostro partito e allo stesso assessore ferrarese sono le dimissioni: se non le ha già rassegnate, mi auguro lo faccia rapidamente”. Il caso Marattin, fosse per Marco Meloni, responsabile Riforme e Pubblica amministrazione della segreteria nazionale del Partito democratico, sarebbe già chiuso. Con le dimissioni dell’assessore comunale al Bilancio di Ferrara.

Meloni ricostruisce la gaffe di Marattin su facebook, a partire dalle “espressioni indecenti e irriferibili nei confronti del leader di SeL, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, attualmente candidato alle primarie del centrosinistra per la presidenza del consiglio” per affermare che il seguito, con l’autore del post che “ha insistito nell’entrare nel merito della questione – fingendo di non comprendere che il fatto grave era un altro”, non ha fatto che peggiorare le cose: “ha addirittura chiamato in causa, per negare di avere usato un linguaggio omofobo, la ‘bellissima legge di Obama’ cosiddetta “don’t ask, don’t tell”, che si riferiva alla condotta vigente nell’esercito statunitense, nel quale la questione delle preferenze sessuali si affrontava così, “non chiedendo, non dicendo”, e dunque non potendole affermare.  Si affrontava, appunto, così fino al 2011, perché la legge è stata abrogata. Proprio da Obama”.

“Non è la prima volta, e non sarà l’ultima – riflette Meloni -, che importanti rappresentanti politici e istituzionali perdono l’autocontrollo, e non si rendono conto della gravità delle loro affermazioni: in Italia ci siamo piuttosto abituati, anche se alcune intemerate leghiste rimangono ineguagliabili (uno dei casi più recenti è l’agghiacciante commento del segretario della Lega Nord di Rovato, poi giustamente “dimissionato”, in occasione del terremoto in Emilia). Appena ieri in Francia un ex ministro ha suscitato scandalo rispondendo in TV con il più classico “gesto dell’ombrello” alla richiesta di chiedere scusa per i lontani fatti d’Algeria”.

Di fronte a fatti di questo genere, “che dimostrano che l’imbarbarimento del linguaggio politico è entrato anche nel Pd, e che rendono evidente il rischio che la degenerazione dello scontro politico muti la nostra natura fondativa, occorre una reazione fermissima, senza equivoci. Le parole, infatti, sono sempre importanti, sia quando vengono dai nostri avversari sia, ancor più, quando vengono da nostri dirigenti politici”.
Quindi, come prima cosa, Meloni invita a “porgere, a nome del Partito Democratico, le scuse più accorate a Vendola, a Sel, nonché a tutti i nostri militanti ed elettori, perché ciascun dirigente democratico rappresenta il nostro partito e quando commette atti di tale gravità offende la nostra comune sensibilità umana e civile, andando contro la ‘carta d’intenti’ più importante, quella del rispetto della persona che è il fondamento della nostra cittadinanza democratica”.

Il secondo aspetto riguarda “la valutazione che diamo di quelle parole: non ci possono essere dubbi, quelle usate da Marattin, che ricordano gli improperi e il linguaggio squadrista e omofobo della destra postfascista e leghista, sono inaccettabili e incompatibili con funzioni istituzionali di grande rilievo, tanto più in rappresentanza del PD. Qualcuno dirà che, come al solito, i problemi sono ben altri: invece dobbiamo riflettere e agire, adesso, contro una degenerazione morale che è, come evidente, incompatibile con i nostri valori. Seppur necessarie, le incerte scuse che abbiamo letto non sono sufficienti”.

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